Il nostro tempo. Spunti e pensieri di un filosofo del nostro tempo
Una riflessione di Umberto Galimberti tratta da alcuni suoi lavori, sul nostro mondo, quello di oggi, segnato da falsi miti che non lasciano spazio alla nostra anima e alla nostra umanità.
I miti di oggi. “… Conosciamo le malattie del corpo, con qualche difficoltà le malattie dell’anima, quasi per nulla le malattie della mente. Eppure, anche le idee della mente, talvolta si ammalano, talvolta si irrigidiscono, talvolta si assopiscono, talvolta, come le stelle, si spengono. Certe idee sono così radicate nella nostra mente da agire in noi come dettati ipnotici, che non sopportano alcuna critica. E non perché siamo rigidi o dogmatici, ma perché non le abbiamo mai messe in discussione, non le abbiamo mai guardate da vicino. Chiamiamo queste idee miti… i miti, a differenza dalle idee che pensiamo sono idee che ci possiedono e ci governano con mezzi che non sono logici, ma psicologici, e quindi radicati nel fondo della nostra anima, idee che comodamente accovacciate nella pigrizia del nostro pensiero, non ci consentono di comprendere il mondo in cui viviamo… essere al mondo senza capire in che mondo siamo, perché disponiamo solo di idee elementari a cui restiamo arroccati, è la via regia per estraniarci dal mondo…
Miti individuali. L’amore materno. La giovinezza. L’intelligenza. La moda. Il potere. La psicoterapia.
L’amore materno. “L’amore è “toglimento di morte (a-mors) e confina con la morte (Amore e Morte di Leopardi), e sottilissimo è il margine che vieta di oltrepassare il limite che fa di uno sguardo sereno uno sguardo tragico. Nella donna, molto più che nel maschio, si dibattono due soggettività antitetiche perché una vive a spese dell’altra.. il conflitto tra queste è alla base dell’amore materno, ma anche dell’odio materno, perché il figlio, ogni figlio vive e si nutre del sacrificio della madre: sacrificio del suo tempo, del suo corpo, del suo spazio, del suo sonno, delle sue relazioni, del suo lavoro, della sua carriera, dei suoi affetti e anche amori ..La condizione della madre è oggi rispetto al passato mutata in corrispondenza delle mutazioni della famiglia e del contesto… troppo isolata, troppo racchiusa nelle pareti di casa… il nucleo familiare è divenuto un nucleo a-sociale… presso i primitivi i figli erano figli di tutte le donne del villaggio, la povertà, generazioni fa, facilitava la socializzazione e l’aiuto reciproco, in quell’incessante andare e venire tra vicini di casa che rendeva impossibile, se non innaturale, l’isolamento della famiglia. Privatizziamo tutto, liberiamoci il più possibile del sociale che sa di stantio, e per molti puzza di comunismo, assaporiamo fino in fondo quella distorsione del concetto di libertà (faccio quello che voglio che finisce per essere quello che posso o che da non solo non posso fare) … perché senza sociale non si può gestire l’handicap, non si può accudire la vecchiaia, e neppure l’infanzia, se non con il sacrificio totale di un componente della famiglia, che a questo punto può veder chiusi i suoi orizzonti di vita e, in un momento di disperazione, fare il gesto che uccide.
La giovinezza. “… eppure se, nell’età della tecnica il vecchio è inutile per il suo patrimonio cognitivo, continua ad essere significativo per il suo patrimonio etico affettivo, che si traduce in equilibrio, ponderatezza, prudenza, carità, dolcezza, pratiche che difficilmente potrebbero uscire dai terminali di una macchina. E così, per essere accettati, i vecchi devono esprimere tutte queste virtù da cui sono dispensati i giovani: devono far tacere il loro desiderio sessuale che non si estingue con l’età, devono rinunciare ai contatti corporei che si addicono solo ai giovani, devono essere allegri ma con misura, devono partecipare alla vita familiare e sociale senza pretendere di essere ascoltati, devono essere autonomi e indipendenti, due modi per dire “soli”.
L’intelligenza. “… di fronte agli spettacoli truci che la cronaca ogni giorno ci riferisce, quel che ci angoscia forse non è tanto la loro truculenta, quanto sapere se noi siamo del tutto immuni dai moti d’animo che provocano queste tragedie. Del tutto immuni no. Spesso è il nostro linguaggio, quando tradisce vissuti carichi d’odio, che ce lo racconta. Ma non passiamo all’azione. A fermarci non è tanto l’uso della ragione, già messa fuori gioco dall’odio, ma quella dimensione sentimentale che registra la differenza tra il bene e il male… questa antecede persino i sentimenti di amore e di odio con cui conduciamo la nostra vita emotiva. Ed è grazie ad essa che impediamo al nostro amore di soffocare e al nostro odio di uccidere. Ma quando questa dimensione non c’è? La nostra psiche è allora incapace di registrare a livello emotivo, la differenza tra ciò che è consentito e ciò che è aberrante… La psiche non è una dote naturale che uno possiede per il solo fatto di esser nato e cresciuto. E’ qualcosa che si forma attraverso quel veicolo, così spesso trascurato, che è il sentimento… ai bambini insegniamo a mangiare, a dormire, a parlare. Ammiriamo i loro sprazzi di intelligenza, le loro intuizioni, ma poco ci curiamo della qualità del sentimento che in loro si forma e talvolta, a nostra insaputa, non si forma. Il sentimento è l’organo che ci consente di distinguere cos’è bene e cos’è male…inutile definire il buono e il cattivo (Kant) perché oguno lo sente naturalmente da sé. Ma questo oggi vale molto poco, la ragione va cercata nel fatto che i bambini sono sottoposti a troppi stimoli che la loro psiche infantile non in grado di elaborare. Stimoli scolastici, stimoli televisivi, processi accelerati di adultismo, mille attività in cui sono impegnati, in un deserto di comunicazione dove passano solo ordini, insofferenza, poco ascolto, scarsissima attenzione a quel che nella loro interiorità vanno elaborando…. Nessuna meraviglia quindi di fronte alla freddezza e alla lucidità con cui gli esecutori anche dei più efferati delitti conducono la loro vita normale come se nulla fosse accaduto…”
La moda. “…La simbologia europea ha sostituito un po’ ovunque il tipo di abbigliamento regionale, provocando una sorta di disintegrazione etnica, che ha portato con sé la perdita di quei legami con la struttura di un gruppo all’interno del quale l’individua era integrato…La nostra società che più non conosce il corpo di fatica e il corpo di riproduzione. Ogni corpo liberato è liberato solo perché è già stato catturato dalla rete del mercato e dall’ordine delle sue parole che la moda diffonde allucinando il desiderio con bisogni da soddisfare quali la bellezza, la giovinezza, la salute, la sessualità, che sono poi i nuovi valori da vendere. Così mobilitato dalle ingiunzioni della moda, il corpo diventa quell’istanza gloriosa, quel santuario ideologico in cui l’uomo consuma gli ultimi resti della sua alienazione. .. La moda ricorre alla parola mitica per equiparare il nostro bisogno di beni con il bisogno di beni di essere consumati. Per questo i suoi inviti sono specifiche richieste a rinunciare agli oggetti che già possediamo, e che magari ancora svolgono un buon servizio, perché altri nel frattempo ne sono sopraggiunti altri che non si può non avere. . In una società opulenta, in cui l’identità di ciascuno è sempre più consegnata agli oggetti che possiede, i quali non solo sono sostituibili, ma devono essere sostituiti, ogni invito della moda è un appello alla distruzione…”
Il potere. Nella sua incarnazione economica il potere agisce attraverso la pervasività delle sue idee, e la civiltà che ne nasce è tenuta insieme non dalle idee di bellezza, verità, giustizia, pace, convivenza di popoli, ma dalle idee di commercio, proprietà, prodotto, scambio, valore, profitto, denaro, che in modo inconscio governano la vita dell’uomo occidentale, e per imitazione dell’uomo del pianeta.
La psicoterapia. Una società come questa regolata esclusivamente da valori economici e dove tutto il tempo è sequestrato, è ancora compatibile con la nascita e la crescita dei figli?… e allora Prozac e Ritalin e quant’altro per porre rimedio a un male che, nella depressione dei bambini, non ha la sua origine ma solo il suo inevitabile e tragico effetto….
Miti collettivi. La tecnica. Le nuove tecnologie.
La tecnica. Abbiamo sempre considerato la tecnica uno strumento a disposizione dell’uomo. Non è così, oggi la tecnica è divenuta il vero soggetto della storia, rispetto alla quale l’uomo è ridotto a funzionario dei suoi apparati… essa può essere considerata l’essenza stessa dell’uomo… se la tecnica è la condizione universale per realizzare qualsiasi scopo, essa non è più un mezzo, ma il primo fine da raggiungere per poter poi perseguire tutti gli altri scopi… Ne vale l’obiezione secondo cui la tecnica è buona o cattiva secondo l’uso che se ne fa, perché a modificarci non è il buono o il cattivo uso, ma il solo fatto che ne facciamo uso. Il suo utilizzo ci modifica. Parlare con altri attraverso una chat significa subire una trasformazione nella modalità di relazione… la tecnica non è più un mezzo a disposizione dell’uomo, ma è l’ambiente, all’interno del quale anche l’uomo subisce una modificazione,… la domanda non è più Che cosa possiamo fare noi con la tecnica? Ma Che cosa la tecnica può fare di noi?”
Le nuove tecnologie. “… il mondo non è più ciò che sta, ma a stare (seduto al pc) è l’uomo, e il mondo gli gira intorno, capovolgendo i termini con cui, dal giorno in cui è comparso sulla terra, l’uomo ha fatto esperienza… se il mondo viene a noi, noi non siamo nel mondo, ma semplici consumatori del mondo. Se poi viene a noi solo in forma di immagine, ciò che consumiamo è solo il fantasma del mondo… I mezzi di comunicazione ci plasmano, qualsiasi sia lo scopo per cui li impieghiamo, e ancora prima che assegniamo loro uno scopo. L’homo sapiens, capace di decodificare segni ed elaborare concetti astratti è sul punto di essere soppiantato dall’homo videns che non è portatore di un pensiero, ma fruitore di immagini, con conseguente impoverimento del capire dovuto all’incremento del consumo di televisione. .. una moltitudine che non capisce è il bene più prezioso di cui può disporre chi ha interesse a manipolare le folle.
…. l’educazione è una cosa assai diversa e molto più seria dell’alfabetizzazione informatica e la scuola, cioè il futuro della società, sono troppo importanti per esser affidate ai fanatici delle neotecnologie, ai fabbricanti di computer e di software e agli esperti di marketing… compito della scuola è fornire metodi di ricerca e capacità di giudizio… al costo di una ventina di computer si può attrezzare un magnifico laboratorio di fisica. Fra dieci anni, quando quei computer saranno da tempo nella spazzatura, i diapason potranno ancora insegnare la risonanza, un voltometro dimostrerà perfettamente la legge di Ohm e gli studenti potranno ancora utilizzare le attrezzatura per capire il movimento angolare…
… acceso o spento che sia il cellulare non ci da scampo. Se chiamiamo vuol dire che non sappiamo più attendere e, nell’attesa pensare ed elaborare, se rispondiamo siamo in ogni momento alla mercè degli altri, se spegniamo il cellulare dobbiamo prima o poi giustificarci…
Appunti note e riflessioni tratte da Umberto Galimberti (“Il nichilismo e i giovani” (2007) e “I miti del nostro tempo” 2009)