Ceylon e agricoltura biologica, informazione corretta e interpretazioni fuorvianti

Ceylon e agricoltura biologica, informazione corretta e interpretazioni fuorvianti

Nel dicembre 2004 il sud-est asiatico è flagellato dallo tsumani che porta con sé distruzione e morte. Lo Sri Lanka, isola equatoriale di 22 milioni di persone, martoriata da oltre 30 anni di guerra civile, si trova ad affrontare una grave crisi che, nonostante i cospicui aiuti umanitari, colpisce le fasce deboli della popolazione. Anzi gli aiuti, contribuiscono all’aumento dei prezzi e alimentano ancora di più la storica corruzione del paese.

Il presidente in carica, che gestisce il potere nel paese con i suoi familiari, usa il pugno di ferro nei confronti dei tamil e alla fine riesce ad annientarli, suscitando numerose proteste che lamentano il mancato risetto dei diritti umani. Mahida Rajapaksa governa dal 2004 al 2015. Il fratello, Gotayaba Rajapaksa, diviene presidente, nel 2019. E’ poi costretto alla fuga all’estero dalle violente contestazioni popolari nei primi mesi del 2022.

Arriviamo alla crisi attuale. Ecco la versione che ci viene raccontata anche da parte di commentatori famosi e di fonti autorevoli: la crisi economica in cui è precipitato il paese, culminata nelle proteste del 2022 è dovuta alla radicale e repentina scelta del governo di vietare l’uso dei fertilizzanti chimici e di obbligare gli agricoltori a produrre sulla base dei principi dell’agricoltura biologica. Un esempio di come  una scelta ecologica e sostenibile produca effetti negativi. Lo Sri Lanka come esempio di un istruttivo laboratorio di cosa comporta l’ambientalismo dei ricchi.

Ma non è cosi.

  • Il  presidente Gotabaya Rajapaksa ha voluto rendere lo Sri Lanka il primo paese al mondo a praticare esclusivamente agricoltura biologica nel giro di dieci anni.
  • Il divieto di usare nei campi i prodotti di sintesi ha aggravato una situazione economica già compromessa, seguita da una grave crisi politica e sociale.
  • L’interpretazione riduttiva che ne è stata data considera la restrizione sui fertilizzanti come una causa importante della crisi. Il divieto di utilizzo dei fertilizzanti, benché rilevante, si è rivelato secondario.
  • La crisi è stata provocata dalla cattiva gestione dell’enorme debito pubblico e da decenni di pessime politiche economiche.
  • Il governo ha vietato l’importazione dei fertilizzanti di sintesi alla fine di aprile 2021. Di fatto ne ha proibito anche l’utilizzo, rendendolo impossibile una volta esaurite le scorte (lo Sri Lanka non produce concimi chimici).

Le modalità con cui la decisione è stata messa in pratica hanno poco a che vedere con politiche ambientaliste.

Per diverse ragioni:

  • Il paese da martoriato dalla guerra civile e dalla corruzione versa in una endemica crisi economica e sociale.
  • La pandemia Covid  ha danneggiato uno dei settori economici più importanti del paese: il turismo.
  • La pandemia ha provocato un drammatico un calo delle rimesse dei tanti srilankesi che vivono all’estero.
  • Il governo all’inizio del 2021, alla ricerca di un modo per limitare le importazioni dall’estero, ha vietato le importazioni di fertilizzanti sperando di ottenere un grosso taglio delle spese, con conseguenti benefici per il bilancio dello stato.
  • Il divieto di importazioni ha riguardato anche altri beni: carburante, cibo e medicine.
  • Queste decisioni hanno aggravato la situazione facendo precipitare il paese nella peggiore turbolenza finanziaria degli ultimi 70 anni.
  • Il divieto ha prodotti più danni che benefici e dopo sette mesi è stato cancellato.

Esiste un vizio di fondo e molta malafede da parte della classe politica del paese.

  • Il passaggio dall’agricoltura convenzionale a quella biologica causa, nei primi anni, una inevitabile riduzione della produzione. In aggiunta il passaggio è stato imposto in assenza di un’adeguata formazione degli agricoltori su tecniche alternative sostenibili. Per questo il raccolto di riso della stagione 2021-2022 è stato di 2,92 milioni di tonnellate; l’anno precedente era stato di 3,39 milioni.
  • Per decenni, prima che il governo decidesse il passaggio a un’agricoltura biologica, i contadini sono stati spinti a fare sempre più affidamento sui fertilizzanti di sintesi, il cui acquisto veniva sostenuto dallo stato attraverso un programma di sussidi. La stragrande maggioranza degli agricoltori erano del tutto impreparati al cambiamento imposto.
  • Il settore agricolo del paese si è trovato ad affrontare altre difficoltà legate al contesto economico internazionale: il prezzo delle sementi e dei pesticidi è aumentato (triplicato in alcuni casi), e così quello del carburante, spingendo molti agricoltori a dover fare a meno dei trattori o a rinunciare all’affitto di terreni aggiuntivi.
  • I frequenti blackout dovuti alla crisi energetica hanno impedito di lavorare bene alle pompe che consentono l’irrigazione dei campi e degli orti più alti e ai mulini, facendo marcire parte del raccolto di riso.

Tutte queste circostanze hanno ridotto moltissimo la produzione agricola, diminuendo le esportazioni e peggiorando ancora di più la situazione economica del paese in generale.

Le numerose proteste degli agricoltori e l’inizio di una crisi alimentare, per cui si formavano lunghe file fuori dai negozi per comprare semplici beni di prima necessità, hanno spinto il governo a rivedere parzialmente il divieto sull’uso dei fertilizzanti di sintesi. Ma solo una piccola quantità di fertilizzanti ha raggiunto i campi in tempo per la stagione agricola in parte per la generale carenza di questi prodotti e in parte perché pochi agricoltori potevano permettersi di acquistarli senza i sussidi statali. Ad aprile il governo aveva promesso la reintroduzione dei sussidi; ciò non è stato possibile perché si avvicinava il default, raggiunto ufficialmente a maggio 2022.

Qualcuno prende ad esempio la vicenda e parla di lobby del biologico. Queste interpretazioni si pongono in difesa della lobby dell’agricoltura industriale, di quel modello agricolo che non guarda al futuro del Pianeta e dei suoi abitanti ma continua a insistere per l’uso di fitofarmaci e fertilizzanti di sintesi che sono causa di buona parte dello sconquasso ambientale che si vive nelle aree agricole.

Sostituire la fertilità dei suoli attraverso l’uso della chimica di sintesi significa compromettere la produzione agricola anno dopo anno, contribuire alla desertificazione. E non sono i sostenitori dell’agricoltura biologica a dirlo, sono i documenti ufficiali redatti da scienziati impegnati in modo autonomo e senza appartenenze nella definizione di ciò che sta succedendo nel pianeta.

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