Isola d’Elba. Strumenti urbanistici. Agosto 1993

Isola d’Elba. Strumenti urbanistici. Agosto 1993

In questi mesi si stanno discutendo e, in alcuni casi, approvando definitivamente i nuovi piani regolatori della maggior parte dei comuni elbani.

Da una prima valutazione non risalta il ruolo fondamentale che questi dovrebbero esercitare: non rappresentano cioè dei progetti di utilizzo oculato del territorio e delle risorse sociali ed ambientali che vi si trovano.

Questo accade perchè il piano urbanistico è concepito sulla base di una logica di espansione edilizia asssurda, con previsioni totalmente scollegate dalle esigenze sociali e dallla capacità di carico del territorio.

Nel frattempo si stanno selvaggiamente attuando quelle previsioni urbanistiche contemplate nei piani di fabbricazione ancora in vigore, previsioni anch’esse totalmente sconnesse dalla realtà socio-economica e elaborate senza la minima programazione e pianificazione.

Due modesti ma emblematici interventi edilizi, di questa calda estate,  stanno alla base di questa logica perversa, che si svolge a volte ai limiti della legalità, uno a Rio nell’Elba e uno a Marina di Campo.

Recentemente si è costruito molto e male nel comune orientale, soprattutto strutture  ricettive a bassissimo indotto, come miniappartamenti e multiprorpietà, che al di fuori del momento speculativo non trovano nessun minimo fondamento socioeconomico che li giustifichi.

Oggi ad essere di nuovo in pericolo è la Valle dei Mulini, passata indenne dalla bufera Menarini. Si stanno progettando, in un lembo quasi intatto della campagna storica elbana, due grossi capannoni a servizio di una importante impresa edilizia, e, fatto ancor più grave si sta intubando progressivamente, con il taglio del canneto, quello che resta del corso d’acqua che alimentava i vecchi mulini. Tutto questo nonostante le normative di tutela di questi ambienti, recipite tra l’altro nell’ormai famosa attuazione dellla legge Galasso a livello regionale: la delibera 296/87 della Regione Toscana.

Un altro pesante intervento di modifica ad un corso d’acqua si sta verificando a Marina di Campo: qui addirittura si è spostato con la realizzazione di un argine di cemento il corso naturale del fiume, e, nonostante raccolte di frime, petizioni, segnalazioni alla magistratura, sopralluoghi del Genio Civile con rilevazioni di infrazioni, i lavori vanno avanti.

L’abbiamo detto più volte, nel caso specifico esiste una diffusa situazione di illegalità riguardo agli interventi edlizi sul territorio elbano in relazione all’applicazione della citata delibera regionale, disattesa dalle commissioni edlizie comunali, inapplicata dalla CBA, schivata dalla Soprintendenza ai beni ambientali.

Pian piano, pezzettino per pezzettino, quest’isola viene saccheggiata con il cemento, nella totale assenza di una moderna politica urbanistica. L’ambiente, il territorio, i beni architettonici e paesaggisitci sono i primi elementi a fare le spese di questa situazione di estremo degrado, ma progressivamente essa sta distruggendo anche il tessuto sociale di una comunità un tempo ricca e libera. All’incremento dei guadagni degli operatori turistici e di riflesso di tutta la popolazione, allo sviluppo di sacche speculative esterne, fa riscontro anche l’aumento del degrado della qualità della vita, dei servizi e della profreessionalità: “alla miseria di un tempo siè sostituito un ricco e inquieto malessere”.

Quella campagna storica, ricca di tradizioni e culture, (che rischia di sopravvivere solo nel suo stravolgimento in prostituzioni folkloristiche), il paesaggio costiero disegnato da una natura aspra e generosa, la cultura millenaria del ferro e del granito, la grande stratificazione storica di ambienti e civiltà, stanno riducendosi, proprio in relazione alla decadenza culturale sia degli isolani, sia dei visitatori, sia infini degli amministratori pubblici locali, provinciali e regionali al rango di una qualsiasi stazione balneare sovraffollata, col mare inquinato, segnata dal degrado e dall’abbandono nelle sue parti più interne e vitali.

Parlare di Parco Nazionale ha senso solo in direzione del recupero di quegli ambienti, della loro riquialificazione, e della rigenerazione di un tessuto sociale che sta muorendo; Parco come progetto di sviluppo di questa comunità.

Dobbiamo costruire insieme, noi Elbani, questo progetto anzichè perderci in assurde e sterili polemcihe, adattare dove e come  possibile la legge sulle aree protette alla nostra realtà, e dove ciò non sia raggiungibile chiedere a Roma, con forza degli interventi specifici per il nostro arcipelago.

I comuni per molto tempo dagli anni 60 sono stati privi di strumenti urbanistici, e non è mai stato utilizzato un piano integrato di questi, ciò ha stimolato l’edificazione diffusa: a volte è bastato un intervento di piccole dimensioni (un albergo, una villa, una strada) per distruggere aree assai vaste, questo perchè l’ambiente di una piccola isola è organizzato in mcircotessiture paesistiche, una strttura che non tollera interventi aggressivi di sfruttamento turistico.

Il degrado presente non ammette più politiche territoriali, culturali ed economiche frammentarie, questa isola domanda una gestione globale e scientificamente rigorosa, basata sui criteri della riqualificazione ambientale, invece che su quelli dello svlippo edilizio ilimitato. Oggi possiamo dare un senso vero al Parco che sta nascendo, possiamo evitare che ci cali dall’alto, possiamo chiedere che sia davvero un progetto di sviluppo  e di crescita della comunità che vive le nostre isole.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *