Musei. I 5000 elbani. Novembre 2009
I 5000 Elbani. E’ il titolo della pubblicazione del 1914 di Federico Millosevich, che riordinò e catalogò le collezioni elbane del museo (divenuto oggi il Museo di Mineralogia dell’Università di Firenze). Come dice il Millosevich «… ho creduto opportuno cominciare da quelle che hanno maggior valore ed importanza scientifica, cioè dalle Collezioni Elbane. Come è noto esse constano, oltreché del materiale esistente nell’antico Museo di Via Romana, anche, e sopratutto, della collezione raccolta dal Cap. R. Foresi e della collezione raccolta dal Prof. G. Roster, ambedue acquistate per il Museo di Firenze.»
La collezione del Capitano Raffaele Foresi fu esposta al pubblico a Portoferraio per poco tempo: il Museo di Raffaele Foresi fu aperto all’inizio del 1873 e chiuse alla fine del 1876, alcuni mesi dopo la sua morte. L’anno successivo l’Istituto di Studi Superiori di Firenze acquistò dagli eredi con l’aiuto di Roster le collezioni per 29.000 lire; acquistò successivamente alcuni pezzi dal Roster fra cui, per 2.600 lire, quello che è senza dubbio il campione più spettacolare mai estratto all’Elba: una geode con 132 tormaline verdi. Nel 1887 infine il Roster cedette tutta la sua collezione all’istituto per 21.000 lire.
L’opera di Millosevich. Nel corso della catalogazione degli esemplari elbani Millosevich (allora direttore del Museo) non si limitò ad inventariare il materiale per specie mineralogica e provenienza, ma ne fornì anche una dettagliata descrizione cristallografica; inoltre nella sua pubblicazione fornisce notizie giacimentologiche sulle località di ritrovamento. Eliminando le rocce e le 2 specie non valide sono elencate 89 specie mineralogiche, quindi la maggioranza delle specie rinvenute ad oggi all’Elba.
La collezione attuale. Consta ad oggi di circa 6000 esemplari, essendosi aggiunte nel corso degli anni donazioni ed acquisizioni. Purtroppo alcuni esemplari storici (le piriti in particolare) si sono deteriorati in modo irreparabile per cause naturali ed altri hanno subito danni (fortunatamente non gravi) nel periodo bellico.