Archivio. Turismo e ambiente. Elba, ottobre 2001
Nel nostro paese, con 8.000 chilometri di coste non siamo mai riusciti ad avere una vera politica del mare, non siamo mai riusciti a sfruttare pienamente tutte le opportunità che le realtà del mare e della costo ci offrono. Su queste coste e sulle isole abbiamo riversato tonnellate di cemento, tanto da essere il quarto consumatore al mondo.
Le nostre isole, quelle abitate, hanno il mare, accora abbastanza in salute, ma abbiamo sempre uno scadimento dei servizi, poche infrastrutture a servizio del turismo, un rapporto qualità prezzo che diviene sempre più divergente. Per questo chi amministra deve avere un guizzo: ha oggi la grossa responsabilità di poter cominciare ad invertire la tendenza. Iniziare da piccole cose, con scelte a volte anche impopolari, ma che alla fine producono effetti postivi e duraturi. Ad esempio intervenire sulle emissioni acustiche dei locali notturni, regolarle in maniera più severa; limitare l’uso della plastica sull’isola. Questo per citare due esempio simbolici che potrebbero evitare la confusione e lo sporco. Poi ci sono interventi ormai non più rinviabili, come l’emergenza depurazione delle acque.
Ecco che il ruolo del Parco Nazionale potrebbe essere determinante nello stimolare una nuova visione politica per la gestione di questo territorio. Attraverso la riconoscibilità cominciare a far vedere che il tempo delle polemiche di carta è finito, che esso può fare qualcosa di concreto, non solo limitare e vietare. Può contribuire a migliorare la qualità della vita degli abitanti delle isole e degli ospiti. A meno che non si continui a preferire, nonostante le dichiarazioni di principio e le parole, il modello riminese.
Spesso d’estate chi osa affermare che il mare è inquinato perché la depurazione non funziona, o che c’è troppa gente e confusione è accusato d’inutile allarmismo e di mettere in ginocchio l’economia turistica di tutto il comprensorio. Se queste critiche a questo modello sono fatte con spirito costruttivo non bisogna nascondersi dietro ad un dito. Basta un banale incidente, un banale lavaggio di una cisterna un pò grande per inquinare pesantemente le nostre isole…
Dire che c’è confusione e che potremmo pensare insieme di costruire un altro modello per investire sulla nostra immagine non è certo terrorismo.