Frammenti di insularità
Sono nato dentro una favola. O meglio sono nato dentro un paese da favola. Ho vissuto intensamente quel paese, con le sue atmosfere brillanti e cupe, sempre avvolto nella poesia e nella magia della giovinezza. Con quelle straordinarie “prime” amicizie che conserviamo per sempre nel nostro cuore. Un paese che pian piano sta scomparendo.
Stanno scomparendo anche le sue memorie che sono parte di noi riesi e del nostro modo di essere; esse sono nascoste nelle scelte che ogni giorno si fanno (che fanno coloro che governano la cosa pubblica) e che se giuste possono ancora farle vivere.
Le miniere potevano rappresentare il più grande parco di archeologia industriale d’Europa, ma non lo sono diventate. La marina e la collina, il castello e la piaggia, il borgo del primo turismo, il Cavo. Mondi lontani e contrastanti, sorprendentemente contigui, ma distanti, uniti dalla miniera, dagli orti, dal mare, dalle tradizioni e dalle amicizie. Amicizie e scambi profondi, idee, aspirazioni, condivisione, onestà, solidarietà, che contrastano, spesso, con la miopia e la mancanza di fantasia del governo della cosa pubblica.
Quel paese che conoscevamo non esiste più, come le vecchie latterie. Anche loro, come il vecchio mercato, come le miniere, si sono dissolte e sono scomparse dalla vita dei riesi di oggi. L’unica possibilità che abbiamo è quella di recuperare la cultura delle vecchie latterie in chiave moderna usando quello che nella profondità della memoria abbiamo (isole, mare, miniere, lavoro, generosità, schiettezza, genuinità) e quello che possiamo offrire e su cui possiamo contare per costruire insieme un progetto vincente.
Quel paese meriterebbe di più, più attenzione e più consapevolezza della sua storia, delle sue tradizioni, della sua terra.
Ma oggi è come un puzzle che si è andato costruendo in maniera impazzita, ogni pezzo non combacia più con l’altro, è qualcosa che non serve e non si fa vedere e scoprire.
Ricomponendo con saggezza e pazienza quel puzzle, accettando con dolore le scelte sbagliate che hanno snaturato la storia e la memoria dei luoghi (le miniere, la valle, l’officina, gli orti, il porto) per collocarle nella giusta dimensione.
Servono visioni e strategie nuove, serve un governo che inneschi un rinnovamento degli schemi per dare le gambe alle idee più belle e innovative.