Portoferraio. Le guide di Museo Senza Frontiere. Dicembre 2013.
Gli itinerari a cura di Marino Garfagnoli
CASTIGLIONE DI SAN MARTINO. Altitudine mt. 135. Lunghezza km 1,2. Percorrenza 20’. Geo 42.78626,10.287396. La via di accesso al colle (mt. 115) che ospita i resti di un villaggio d’altura etrusco inizia dal parcheggiodella Residenza napoleonica di San Martino. In circa 20 minuti di passeggiata nel bosco, immersi nella rigogliosa cornice della vegetazione mediterranea si raggiunge la sommità della collina. Attualmente tale via di accesso è difficilmente percorribile in quanto risulta ostruita dall’esuberanza della vegetazione mediterranea e dalla scarsa manutenzione. Consigliamo di utilizzare un percorso alternativo. Dalla strada asfaltata che conduce a San Marino, dopo circa 450 metri dalla intersezione con la strada provinciale Portoferraio-Procchio, si prende la terza deviazione a destra, passando attraverso l’ampia vallata agricola di San Martino. La piccola strada di campagna corre alle pendici delle collinesoprastanti e inizia a salire incuneandosi tra i due rilievi. Dopo 1,2 km (circa 20’ a piedi)si giunge in prossimità di un’abitazione.
I proprietari fino ad alcuni anni fa erano i custodi dell’area per conto della Soprintendenza Archeologica ; dopo aver avvisato della vostra visita, per accedere ai resti del villaggio è necessario passare proprio di fronte alla casa. A prima vista sembra di trovarsi di fronte a una estesa pietraia con massi erratici giganti, circondati dall’intrico profumato e colorato della vegetazione, ma ad una lettura attenta del territorio si possono leggere le tracce degli scavi archeologici e delle mura perimetrali del villaggio. La natura ha riconquistato il suo territorio e le testimonianze archeologiche, in attesa di tempi migliori per il loro recupero e la loro valorizzazione, restano sommerse dalle essenze della vegetazione mediterranea, su cui predomina la pungente ginestra spinosa (Calicotome spinosa).
LE SALINE DI SAN GIOVANNI, Lunghezza km 1,2. Percorrenza 30’. Geo 42.803005,10.31762. Uscendo da Portoferraio si giunge in località Carpani (quartiere che deve il suo nome dall’omonima via dedicata a Luca Antonio Carpani, governatore per conto di Cosimo I de’Medici dell’isola d’Elba nel 1554), si prende la strada provinciale verso Porto Azzurro-Cavo e dopo 500 metri sulla sinistra troviamo il cancello di ingresso alla zona termale.
Così oggi si chiama questo ambiente straordinario che un tempo ospitava parte dei cinquecenteschi impianti dedicati alla produzione del sale che costellavano tutto il golfo di Portoferraio. Alcune saline erano presenti anche lungo la costa nord presso la spiaggia delle Ghiaie. Attualmente l’area è delimitata tra il piccolo porticciolo di San Giovanni, che ospita imbarcazioni da diporto della marineria locale, e la zona dedicata alla cantieristica. Qui erano presenti gli impianti siderurgici e dopo la seconda guerra mondiale, la cementeria di cui resta ancora in piedi la grande costruzione denominata “l’hangar”.
La pianura di San Giovanni è un’ampia zona agricola che raccoglie i corsi d’acqua delle catene collinari retrostanti. I torrenti trasportando detriti e rendono particolarmente fertile il terreno. Era questa la ricchezza principale dell’isola fino agli anni 60. La pianura costiera, oggi sempre più urbanizzata e sempre meno coltivata, regalava una fiorente agricoltura, qui venivano prodotti cerali e realizzati almeno tre raccolti all’anno.
Tutte le pianure costiere dell’isola, ambienti di ridotte dimensioni ma di elevata produttività agricola, hanno da sempre assicurato raccolti di livelli eccellenti, oltre che a rappresentare ambienti particolarmente delicati ma ricchissimi dal punto di vista biologico. Il profilo costiero, i punti dove mare e terra si incontrano rappresentano ambienti estremifragili e preziosi, messi spesso in pericolo da interventi umani poco intelligenti.
L’area delle Antiche Saline e il bacino termale di San Giovanni,bacini semichiusi che ricevono acque dolci di salinità inferiore a quella marina, sono stati più volte segnalati dalle università toscane per la presenza di organismi iper-specializzati che vivono, dopo un processo di adattamento lunghissimo, negli ambienti salmastri, laboratori ideali della biodiversità. Dal punto di vista scientifico, la loro presenza e la loro permanenza su di una piccola isola è un fatto di grande importanza.
Nell’area oggi sono presenti le Terme Elbane (specializzate in fanghi terapeutici e talassoterapia con annesso centro benessere) e un complesso alberghiero con piscina e impianti sportivi , il tutto inserito in un ampio parco verde, quotidianamente frequentato dai locali: chi per mantenersi in forma chi per una romantica passeggiata lungo costa. Questa piccola oasi, vero polmone verde sul mare per tutta la città, con lo specchio d’acqua del bacino termale, rappresenta anche un’area strategica per l’avifauna stanziale e migratoria. Gli anatidi sono stati immessi per conferire ancora più naturalità al comprensorio, purtroppo si sono riprodotti abbondantemente, come succede spesso per le specie abituate alla cattività. Sulla base di sporadiche osservazioni ornitologiche condotte negli anni ’90, troviamo abitualmente nidificanti l’airone cenerino; nel periodo invernale prevale la presenza di uccelli marini: gabbiani, sterne, marangoni, mentre svernano il piro piro piccolo e il corriere piccolo. Da segnalare l’eccezionale presenza, nidificante e svernante del martin pescatore. Con la primavera (aprile inoltrato) sono ospiti il piovanello, la nitticora, sporadicamente sono stati avvistati esemplari di fenicotteri e di cavaliere d’Italia.
VOLTERRAIO. Altitudine mt. 394. Dislivello 210-394. Lunghezza 1,5 km. Percorrenza 1 h 30’ (andata e ritorno). Difficoltà media: percorso ripido e sassoso sconnesso. Geo 42.802541,10.383483. In direzione Porto Azzurro dopo aver percorso circa 6 km si giunge ad un bivio, dove bisogna prendere a destra verso Magazzini-Bagnaia e dopo 3,5 km arriva alla deviazione che conduce a Rio nell’Elba, a destra infatti inizia la strada del Volterraio. Da questo incrocio dopo 1,6 km arriviamo presso due costruzioni belliche e un rudere, situate a sinistra in prossimità di un piccolo piazzale che si può utilizzare per la sosta.
Volterraio, il castello per antonomasia dell’Elba, unica fortezza mai espugnata nella storia dell’isola, oggi finalmente oggetto di lavori di recupero e restauro a cura del Parco Nazionale dell’Arcipelago Toscano, attuale proprietario. Svetta dai suoi 394 metri sul golfo di Portoferraio offrendo un panorama straordinario e completo sulla città medicea e sul versante occidentale e, nelle giornate chiare, sui monti di Corsica. Appare da lontano come un prolungamento naturale delle rosse rocce di diaspro sui cui è incassato.
Si può percorrere l’itinerario fino alla sommità della collina (mt. 394) iniziando a salire (proprio dagli edifici dell’ultima guerra) da quota 210. Lo spiazzo da cui inizia il sentiero accoglie, purtroppo, diversi esemplari di ailanto (Aliantus altissima) dal tronco fragile e dall’odore sgradevole, pianta infestante che proviene dall’oriente, introdotta per scopi ornamentali , ma che sta distruggendo, nei punti dove è stata introdotta il panorama vegetale autoctono.
Il sentiero non facilissimo, in certi tratti è molti ripido e sconnesso con pietre che rendono difficoltosa la salita. Basta prestare attenzione e disporre di scarpe e abbigliamento adeguato. L’associazione vegetale dominante è la gariga, in cui predominano le specie tipiche dell’ambiente mediterraneo, ma anche esemplari a cespuglio di lentisco (Pistacialentiscus), olivastro (Olea europaea), ginepro e sporadicamente leccio. Spettacolari cuscini di ginestra (Genista desolenavalsecchi) si adagiano sulle rosse rocce di diaspro. Salendo incontriamo numerosi esemplari di cisto, lavanda, elicriso, ginestra spinosa e il ginepro coccolone (Juniperusoxycedrusmacrocarpa). Possiamo ammirare anche endemismi esclusivi: il fiordaliso dell’Elba (Centaurea aplolepaaethaliae), la bocca di leone di Capraia (Linaria capraia).
La salita prosegue fino ai ruderi delle mura medievali e alla chiesetta di San Leonardo, che si apre alla vista spettacolare del golfo di Portoferraio. Dopo la costruzione della cappella all’interno del castello (fine 1600) probabilmente S. Leonardo cadde in disuso. Da questo punto la salita è più dura e la vegetazione lascia il posto alla pietraia rosseggiante. Ma la fatica è ricompensata dalla cornice paesaggistica, dal panorama mozzafiato e dal sentimento del tempo che si respira ad ogni passo. La mente scorre sulle vicende passate, afferra emozioni dell’attimo presente, accompagnate dal silenzio, dal rumore del vento, dal volteggio delle poiane e di altri rapaci (il gheppio e il falco pellegrino) e dai profumi forti ed inebrianti di una natura possente.
COLLE RECISO. Dalla provinciale Portoferraio-porto azzurro, all’altezza della deviazione (a sinistra) che conduce all’hotel Airone, si incontra un incrocio con semaforo, prendendo a destra si imbocca la strada che attraversa il valico di Colle Reciso (mt. 190, geo42.785297,10.318155) e che porta verso la costa meridionale in prossimità della piana di Lacona. La catena montuosa si attraversa passando dal piccolo valico segnato dalle ferite inferte dalla cava di inerti, circondata da ogni lato dal rigoglioso bosco di lecci. E’ in questa aerea che sono concentrati i tre siti archeologici: Monte Orello mt. 377principale vetta del complesso collinare, che si volge verso oriente, il Colle di Santa Lucia mt. 240 che offre un panorama spettacolare e insolito dell’ampia rada di Portoferraio con il suo suggestivo e imponente profilo delle fortificazioni rinascimentali, e Monte Moncione, orientato a sud da cui si domina il panorama di entrambi i versanti, il golfo di Portoferraio a nord e l’ampia insenatura del Golfo Stella tagliato in due dalla penisola di Capo Stella (la baia di Margidore a oriente e quella di Lacona ad ovest).
MONTE ORELLO. Altitudine mt. 377. Geo 42.772369,10.330934. E’ il rilievo più imponente che domina da sud il golfo di Portoferraio, rivestivo per buona parte dei suoi pendi da rimboschimenti iniziati negli anni 60 di pino domestico e pino marittimo. Nelle zone più basse prevale il bosco mediterraneo a leccio. L’ambiente dell’intero complesso collinare è di grande rilievo naturalistico, nonostante l’evidente disturbo dell’impattante attività estrattiva della cava di inerti, soprattutto per la presenza di importanti specie dell’avifauna nidificante e migratoria. Nel censimento condotto negli anni ‘80 è stata rilevata la presenza di 13 specie stanziali. Più abbondante la capinera (Sylviaatricapilla) circa il 40% dell’intera popolazione, frequenti lo scricciolo (Troglodytestroglodytes), la sterpazzola (Sylviacantillans), il cuculo (Cuculuscanorus), il verdone (CarduelisChloris), la cinciallegra (Parus major).
MONTE MONCIONE. Altitudine mt. 284. Geo 42.780681,10.30996. In prossimità del piccolo valico che si apre alla discesa verso la verdeggiante pianura di Lacona, a destra inizia la vecchia strada militare che si inoltra nel bosco verso il Poggio Molino a Vento. Dopo circa 100 metri si prende verso sinistra in direzione di alcune strutture agricole utilizzate sporadicamente dai pastori. Proseguendo sul sentiero verso sud si giunge a ridosso del rilievo collinare di Monte Moncione. Da qui si ha la possibilità di ammirare il panorama dei due versanti dell’isola: a nord l’ampia insenatura di Portoferraio con i monti della dorsale orientale e a sud il suggestivo golfo della Stella.
COLLE DI SANTA LUCIA. Altitudine mt. 237. Dislivello 189-237. Lunghezza 0,800 km. Percorrenza 40’ (andata e ritorno). Difficoltà bassa. Geo 42.789817,10.30894. Il colle di Santa Lucia si raggiunge prendendo la deviazione (indicata con apposito cartello segnaletico) a destra prima di arrivare al valico di Colle Reciso.
Dopo 200 metri circa la strada sterrata termina in un piccolo spiazzo e da qui inizia il sentiero, a scalette rustiche, verso la chiesetta, di origine seicentesca. Accanto alla chiesa c’è un piccolo fabbricato utilizzato come magazzino. Nella notte della festa dell’ascensione è tradizione recarsi in pellegrinaggio a Santa Lucia e accendere un grande falò, a cui rispondevano, un tempo i fuochi accesi nella campagne e nella zona del centro storico di Portoferraio.
Dalla sommità del Colle si dispone di un punto panoramico privilegiato per interpretare l’orografia delle vallate di Portoferraio (Val Carene, Le Foci e San Giovanni). E’ possibile leggere lo sviluppo urbano di Portoferraio, dalla Cosmopoli del 500, i fortilizi sette-ottocenteschi di Forte Inglese e di Monte Bello, la citta industriale del 900, fino ai recenti interventi nelle zone cantieristiche e artigianali.
SCHIOPPARELLO LE PRADE – MONTE FABBRELLO. Geo 42.797274,10.34869. Dal porto di Portoferraio, si raggiunge la spiaggia delle Prade proseguendo in direzione Porto Azzurro, dopo circa 5,5 km si deve prendere verso sinistra in direzione Bagnaia-Rio nell’Elba, dopo un chilometro (deviazione a sinistra) si giunge alla spiaggia.
Alle spalle della spiaggia e della linea di costa, possiamo vivere l’atmosfera di un suggestivo e affascinante scorcio della campagna elbana affacciato sulla parte più interna della rada di Portoferraio. Un paesaggio del tempo, che presenta un ambiente vario con un caratteristico e piccolo borgomarinaro, Magazzini, e alcune aziende agricole di pregio. Queste affacciate sul mare o nella pianura interna che si allarga alle spalle del golfo, hanno continuato, nel segno della modernità e di una produzione di grande qualità, la millenaria tradizione vitivinicola dell’isola. Unico rilievo della zona è Monte Fabbrello, modesto rilievo verdeggiante inserito nel contesto agricolo della pianura.
Segnaliamo, anche per una eventuale visita e per l’acquisto di vino ed olio: Azienda Agrituristica Due Palme (produce in prevalenza ottimo olio), Azienda Agricola Monte Fabbrello (produzione biologica di vino ed olio), Tenuta La Chiusa (di origine settecentesca, prende il nome al muro che la circonda e racchiude i 20 ettari di proprietà, offre anche ospitalità nelle residenze ottocentesche), Fattoria dell’Acquabona (risale ai primi decenni del 1700, con sedici ettari a vigneto)
Il golfo con la sua rada riparata da tutti i venti (Horatio Nelson definì Portoferraio uno dei porti di mare più protetti d’Europa), chiuso verso est dalla continua fascia verde della catena orientale, presenta, nella parte più interna dell’ampia baia, il suggestivo paesaggio delle valli costiere. Quest’area era un tempo anch’essa destinata alla produzione del sale, restano alcuni toponimi (Magazzini, Marina di Tor del sale) e le testimonianze degli impianti. Nella zona centrale, a ridosso della spiaggia ancora oggi esistono le marcite, resti della zona umida parzialmente bonificata. Area salmastra e ambiente di confine tra terra e mare, , unico superstite nel panorama delle zone umide all’isola d’Elba, classificato come sito umido di interesse regionale e ZPS, zona di protezione speciale di importanza strategica per la protezione dell’avifauna stanziale e migratoria. La parte naturale presenza vegetazione tipica degli ambienti salmastri e delle zone paludose; oltre alle tamerici che delimitano i muretti perimetrali delle antiche saline, nelle aree più interne troviamo, la canna palustre (Phragmitesaustralis), il raro giglio di palude (Iris pseudoacorus) e tutte le associazioni vegetalicaratteristiche degli ambienti umidi.
Il paesaggio marino, ideale per essere esplorato con maschera pinne e boccaglio, offre una serie di stupendi scogli sommersi (secche) denominate localmente “le Marse”, che con i loro anfratti rappresentano il rifugio ideale per molte specie ittiche. Una fitta prateria di posidonia ricopre i bassi fondali, ricchissimi dal punto di vista biologico.
MONTECRISTO. Proprietà dello Stato italiano nel territorio del Comune di Portoferraio, si trova a meridione dell’isola d’Elba, da cui dista 24 miglia; ha una superficie di 10,39 kmq (quarta isola per dimensioni dell’Arcipelago Toscano) e un perimetro costiero di 16 chilometri.
Dal 1971 l’isola è stata classificata Riserva Naturale Integrale e affidata in gestione al Corpo Forestale dello Stato. Nel 1977 Montecristo è stata dichiarata Riserva naturale biogenetica e nel 1988 ha ricevuto il diploma Consiglio d’Europa. Dal 1996 l’isola e il mare antistante (fino a 1 km dalla costa) fanno parte del Parco Nazionale dell’Arcipelago Toscano che, in accordo con il CFS, regolamenta gli accessi e le visite giornaliere (sola modalità possibile).
Le uniche presenze umane sono quelle del personale di sorveglianza del CFS che alloggia nell’abitazione dei custodi, prospiciente alla Villa Reale e alla Casa del Bosco (con annesso un piccolo laboratorio didattico e una modesta ma dignitosa collezione museale sulle emergenze naturalistiche dell’isola). Le costruzioni si trovano a Cala Maestra, unico punto di approdo esistente.
Sulla base delle attuali regole di fruizione, è stato fissato un tetto massimo di 1000 visitatori all’anno, di questi circa il 50% sono riservati alle scuole per attività di educazione ambientale; la disponibilità residua è soggetta ad autorizzazione da parte del CFS (Ufficio Territoriale per la Biodiversità CFS di Follonica Tel 0566 40019, mail: utb.follonica@corpoforestale.it). Ma organizzare una visita a Montecristo non è facile. Infatti, non essendo disponibili collegamenti marittimi è necessario procurarsi anche un’imbarcazione abilitata per il trasporto. Per questo, a chi fosse interessato a visitare l’isola, consigliamo di rivolgersi alle associazioni ambientaliste (WWF, Legambiente, Italia Nostra) che periodicamente organizzano visite guidate, oppure rivolgersi all’Agenzia Il Genio del Bosco che durante il periodo primaverile organizza escursioni didattiche in accordo con gli istituiti scolastici.
L’isola misteriosa e inaccessibile, selvaggia e disabitata, solitaria e maestosa, resa famosa da Alexandre Dumas e dal suo Conte, oggi riserva naturale integrale, rappresenta uno dei pochi santuari della natura che il mare nostrum ancora conserva.
L’inconfondibile profilo dell’isola: una montagna di granito che si staglia dalla profondità dell’azzurro intenso del mare. Il granito è il padrone incontrastato di Montecristo, ovunque affioramenti rocciosi, dalla vertiginosa pendenza (i liscioni, affioramenti granitici resi spesso scivolosi dallo scorrimento superficiale di alcuni corsi d’acqua a carattere stagionale) rendono la visita dell’entroterra, attraverso gli unici tre sentieri autorizzati, particolarmente impegnativa. I processi di erosione e di alterazione della roccia danno origine a sabbie di vario spessore, a multiformi, fantastiche composizioni rocciose e a forme concave scavate dall’acqua (marmitte) o originate dall’azione del vento (tafoni). Tre le vette principali, Monte della Fortezza (645 m),Cima di Colle Fondo (549), Cima dei Lecci (563). Sinuoso, per quello che la roccia granitica può permettere, e tondeggiante, il profilo costiero, presenta scarsi varchi e offre poche cale riparate (Cala S.Maria, Cala Mandolina, Cala della Grotta, Cala Scirocco) e solo una dedicata all’approdo, Cala Maestra: alle spalle della piccola ma spettacolare spiaggia, la minuscola vallata offre ospitalità a specie vegetali anche alloctone (pini, magnolie eucalipti, oleandri).
La prevalente composizione rocciosa dell’isola rappresenta un limite nello sviluppo vegetazionale. In aggiunta, negli ultimi decenni la presenza combinata di specie aliene, animali e vegetali, nello specifico l’ailanto e la capra, ha contribuito ad aggravare la situazione di degrado vegetale. L’ailanto (Ailanthus altissima), specie aggressiva ed infestante, si è diffusa a dismisura grazie anche alla presenza della capra che si ciba della maggioranza delle specie vegetali presenti, e disdegna l’ailanto.
Le specie vascolari censite recentemente sull’isola sommano a circa 300. La copertura vegetale (fortemente condizionata dalla presenza della capra) è quella tipica della vegetazione mediterranea con macchia alta dominata da straordinari ed unici esemplari di Erica arborea e macchia bassa tipo gariga a prevalenza di cisto (Cistusmonspeliensis, Cistussalviaefolius) e rosmarino (Rosmarinusofficinalis). Lo stadio climax (formazione vegetale originaria) era sicuramente costituito dalla foresta di leccio(Quercusilex), di cui restano limitatissimi relitti forestali.
La lontananza dalla terraferma, oltre 60 km, ha avuto sugli aspetti dell’evoluzione naturale di Montecristo due effetti: da un lato i primi colonizzatori, vegetali e animali, sono riusciti a sopravvivere e a specializzarsi grazie all’assenza di competizione con altre specie, dall’altro l’isolamento ha differenziato il patrimonio genetico originario dando luogo a nuove specie (endemismi). In aggiunta, le specie aliene introdotte dall’uomo hanno attecchito rapidamente; la protezione integrale, intervenuta dagli anni 70, ha aggravato la situazione, cioè ha favorito il radicarsi delle specie alloctone e ha, per paradosso, impoverito proprio quell’ecosistema che avrebbe dovuto proteggere.
Montecristo presenta l’unica popolazione di capra che vive allo stato selvatico. Gioia e dolore per l’isola. Il ceppo originario risale a presenze preistoriche di capre semiselvatiche contaminate da successive introduzioni domestiche. La specie che oggi vediamo, in base alle ultime indicazioni scientifiche, è classificata come capra selvatica del’Egeo (Capra AegagrusPictus) e rappresenta un caso unico nel panorama faunistico italiano, tale da terminare il riconoscimento del Diploma Europeo del 1988.
In termini di conservazione dell’ambiente naturale insulare, l’Ente Parco sta realizzando sull’isola un progetto di conservazione finanziato dall’Unione Europea e finalizzato, appunto, all’eradicazione delle componenti floro-faunistiche aliene e invasive e tutela di specie e habitat. Gli obiettivi principali, alcuni parzialmente già raggiunti, sono: eradicare la popolazione il ratto nero al fine di assicurare la conservazione di una delle maggiori popolazioni esistenti di berta minore, permettere l’incremento numerico o l’insediamento di altre specie quali la berta maggiore (Calonectris diomedea) e l’uccello delle tempeste (Hydrobatespelagicus), eradicare o ridurre fortemente la popolazione di ailanto, ricreare nuclei di leccio e di altre specie vegetali autoctone.
Completano le presenze faunistiche più significative, tra i rettili la Vipera aspishugyi, diffusa su tutta l’isola, ma non molto numerosa e concentrata soprattutto nei fondovalle, il biacco e la lucertola. Tra gli anfibi il raro discoglosso sardo. Per l’avifauna, molto importante la presenza della berta minore, le cui colonie nidificanti sono di interesse europeo, e il rarissimo gabbiano corso. Tra i rapaci nidificano il falco pellegrino ed il gheppio. È anche presente, di passaggio, la rara aquila del Monelli e il falco delle regina.
Sporadicamente è stata rilevata la presenza della foca monaca (Monachusmnachus). specie rarissima e in serio in pericolo di estinzione (ne sopravvivono circa 300 quasi tutte in Grecia e Turchia, altre 150, sono stimate nella costa atlantica del nordafricana, Marocco, Madeira e Mauritania. Ultimo avvistamento nell’arcipelago toscano, in prossimità delle coste dell’isola del Giglio nel 2010.
LE VISTE. geo42.817267,10.331041. LE GHIAIE. geo42.81748,10.324153. In prossimità del settecentesco faro lorenese, inizia il tratto di costa settentrionale che offre le spiagge più suggestive di Portoferraio.
La prima che incontriamo, a ridosso delle fortificazioni del baluardo dei Mulini vicino alla Residenza napoleonica, è quella delle Viste la cui scogliera è caratterizzata da rocce metamorfiche. La spiaggia è composta da un misto di ciotoli scuri e verdi. I fondali cristallini sfoggiano le sommerse e verdissime praterie di posidonia.
Si raggiunge prendendo a sinistra della Residenza Napoleonica e percorrendo un piccolo sentiero in cemento (circa 100 metri) che scende verso il mare.
L’atmosfera che offre questa piccola insenatura è particolarmente romantica e struggente: in alto dominano le fortificazioni rinascimentali e i cammini di ronda, con l’imponente mole di Forte Falcone, paesaggio singolare per una spiaggia di cittadina.
Proprio ai piedi di Forte Falcone, il primo bastione che si affaccia sul mare è il bastione di Santa Fine. Ai suoi piedi inizia las piaggia delle Ghiaie, riconoscibile dal profilo del grande scoglio antistante (Lo Scoglietto). La linea di costa e Lo Scoglietto rappresentano un triangolo ideale che costituisce la prima zona di tutela biologica istituita in Italia (1971). Acque cristalline, mare turchese e tantissimi pesci. Zona ideale per immersioni.
La spiaggia, come le altre che si estendono verso ovest, presenta una caratteristica composizione di candidi ciotoli con piccole macchie scure. E qui il mito e la leggenda forse trovano la loro spiegazione. Infatti Apollonio Rodio narra che qui approdarono Giasone e gli argonauti in cerca del vello d’oro… i ricchi giacimenti di ferro presenti sull’isola? Con il loro sudore macchiarono le rocce presenti sulla spiaggia su cui sbarcarono.
Buona parte della costa settentrionale, dal centro urbano verso ovest, presenta spettacolari scogliere e candide falesie che a loro volta formano spiagge dai ciotoli bianchissimi. Dopo Le Ghiaie incontriamo, Padulella (proprio ai piedi del complesso fortificato di Forte Inlgese), Capo Bianco,Sottobomba, Sansone.
In termini geologici si tratta di rocce formate da eurite. Un elemento essenziale nella geologia dell’isola (di eccezionale importanza scientifica in quanto in poco spazio troviamo una straordinaria varietà di rocce e minerali) è costituito dalla genesi delle sue montagne di granito, a questa è connessa anche la formazione delle scogliere euritiche poste a settentrione nella parte centrale. Si tratta di ammassi di porfido granitico, talvolta attraversati da filoni di aplite porfirica tormalinifera denominata appunto eurite.
CAPO D’ENFOLA. Altitudine mt. 135. Dislivello 132. Lunghezza 3 km. Percorrenza 1 h 30’ (andata e ritorno). Difficoltà media. Geo 42.825034,10.269062. La strada principale che porta fuori dall’area urbana di Portoferraio, si interseca, in prossimità di una rotatoria, con la provinciale Enfola -Viticcio. Dopo 6 km si raggiunge Capo Enfola. Il trasporto pubblico con autobus è assicurato sulla linea Portoferraio-Viticcio (orari tel. 0565 914182).
Enfola dal latino insula: unita al resto dell’isola da una stretta lingua di terra, esile ma decisa, con le sue due piccole spoiagge che impreziosiscono, una volta di più, lo straordinario paesaggio del promontorio (mt. 135) e del golfo del Viticcio.
La strada di accesso corre alta sulla linea di costa ed offre il suggestivo panorama dell’ampia insenatura con il suo mare cristallino, dalle multiformi tonalità del blu, grazie alla fine sabbia granitica, alle praterie di posidonia (Posidonia oceanica) e ai gruppi di rocce sommerse. Sullo sfondo la costa occidentale con le biancheggianti case della marina di Marciana e il maestoso ed imponente il profilo del Monte Capanne, la montagna più alta dell’intero arcipelago (1019 mt). Nelle giornate più chiare si distinguono anche le catene montuose della vicina Corsica. Il promontorio, 2,5 km di frastagliato perimetro costiero, presenta spettacolari scogliere a picco sul mare, alcune piccole calette e insenature e due grandi: la Nave e lo Schiappino (o Scoglietto). Le rocce sono a prevalente composizione granitica (porfidi granitici), in piccoli alcuni tratti si trovano zone a eurite come la maggior parte delle rocce che compongono la costa settentrionale a est della penisola.
L’intero promontorio, oltre alle testimonianze della storia recente, rappresenta una piccola ma ricca oasi naturali per la eccezionale cornice paesaggistica, per le colorate e multiformi manifestazioni della vegetazione, per le singolari presenze dell’avifauna stanziale e migratoria.
La struttura produttiva dell’antica tonnara (dalla mattanza alla lavorazione del pescato e al suo confezionamento) ha lasciato oggi il posto all’elegante immobile, recentemente recuperato che ospita l’attuale sede del Parco Nazionale dell’Arcipelago Toscano; la casa ideale per il più esteso parco marino europeo, luogo straordinario circondato dalla natura possente del promontorio che si protende nelle acque limpide grazie alle ripide falesie di porfido granitico.
Dall’area di parcheggio antistante la sede del Parco Nazionale si diparte la vecchia strada militare che consentiva di raggiungere gli alloggi e le strutture belliche. Già il 1924 infatti venero costruite le batterie costiere a difesa delle coste elbane. Oggi è un comodo sentiero, in alcuni tratti dal fondo un po’ sconnesso, immerso nella vegetazione mediterranea e nel silenzio, che conduce alla sommità della penisola e si raccorda con altri due tratti secondari che permettono di effettuare il periplo completo della collina.
La deviazione sul lato occidentale permette di raggiungere le ripide falesieantistanti lo scoglio La Nave, un paesaggio straordinario tra terra e mare, nel silenzio rotto solo dal volo e dai versi dei gabbiani che qui hanno scelto la loro zona di nidificazione.
La scogliera degrada lentamente verso il mare e oltre ad una rigogliosa e profumatissima prateria di elicriso, presenta la vegetazione tipica della rupi marittime, il ginepro coccolone, la barba di giove, la cineraria, il finocchio di mare.
BOSCO SAN MARTINO. Geo 42.784756,10.281094. La verdissima e profonda valle si insinua tra i profili della dorsale interna: verso sud il bosco di Monte San Martino (mt 370) e verso ovest la cima di Monte Pericolo.
In corrispondenza del comprensorio monumentale e naturalistico legato alla presenza di Napoleone, la pendenza aumento creando una terrazza naturale, punto panoramico che consente di ammirare in lontananza il profilo delle fortificazioni rinascimentali di Portoferraio.
Le emergenze architettoniche ottocentesche sono inserite nella cornice lussureggiante e rigogliosa di un verdissimo bosco mediterraneo. Prevalgono essenze di alto fusto a prevalenza di leccio (Quercusilex). Sono presenti varietà tipiche dell’ambiente mediterraneo, anche conesemplari di notevoli dimensioni , di erica (Erica arborea), corbezzolo(Arbutus unedo) e alaterno(Rhamaus alaternus).
La rete sentieristica, discretamente fruibile, permette di raggiungere i percorsi di crinale, in prossimità della strada militare del Molino a Vento. Lungo gli itinerari si incrociano i profumi penetranti del mirto e del lentisco.
La vegetazione presente nelle immediate vicinanze della residenza e del giardino presenta perlopiù specie esotiche di impianto recente.I dintorni in direzione del bosco di alto fusto, offrono esemplari autoctoni di viburno (Viburnu stinus), fillirea (Phillirea angustifolia), alloro (Laurus nobilis). Tra le specie introdotte troviamo l’eucalipto (Eucalyptus globulus),il cipresso (Cupressus sempervirens), il tasso (Taxus baccata) e diversi esemplari secolari di cedro. Vicino alle costruzioni, molti tentativi di introduzione di specie alloctone, da segnalare esemplari di magnolia (Magnolia grandiflora), Cycas revoluta e le palme (Phoenix canariensis, e Brahea dulcis). Interessante notare la presenza di un esemplare plurisecolare di Olea europaea.
La tradizione vuole Napoleone presente durante i lavori di sistemazione del parco e gli aneddoti si sprecano. Celebre quello del bagolaro, il famoso micocoulier (Celtis australis) fatto venire appositamente dalla Provenza e messo a dimora dalla stesso imperatore. Più probabile che la sistemazione del giardino sia stata affidata a Claude Hollard (già direttore del Parco Reale Piombino della principessa Elisa, sorella di Napoleone) nominato direttore dei giardini imperiali di Pianosa e dell’isola d’Elba e che lui stesso ricoprisse le mansioni di giardinere! Ad Hollard si deve la piantumazione di gelsi lungo la via che conduce alla villa, un tentativo napoleonico per sviluppare l’industria del baco da seta sull’isola.
Le guide di Museo Senza Frontiere Portoferraio, Isola d’Elba, di Mario Ettore Bacci, Giuseppe M. Battaglini, Marino Garfagnoli, Mauro Parigi, Gloria Peria.