Glasgow, Coop 26. Alla ricerca del clima perduto
Nel 1992 a Rio de Janeiro 196 stati e l’Unione Europea sottoscrivono la Convenzione Quadro della Nazioni Unite sui Cambiamenti Climatici (UNFCC). A partire dal 1995 ogni anno si tengono le COP (Conferenza delle Parti sul cambiamento climatico delle Nazioni Unite – Un Climate Change Conference).
La COP26 si è tenuta a Glasgow dal 31 ottobre al 12 novembre 2021. La COP 26 ha fatto proprie le decisioni della COP16 (Protocollo di Kyoto) e quelle della COOP21 (Accordo di Parigi).
Nel 1997 la COP16 si è conclusa con la firma del protocollo che impegnava gli stati alla riduzione del 3% dei GES (Gas Effetto Serra).
Nel 2015 la COP21 stabilisce di mantenere l’aumento al di sotto del 2% con obiettivo di non superare l’1,5%.
Nel 2019 i livelli di anidride carbonica hanno toccato un nuovo record. Le generazioni future si troveranno ad affrontare impatti sempre più gravi dei cambiamenti climatici, tra cui l’aumento delle temperature, condizioni meteorologiche più estreme, stress idrico, innalzamento del livello del mare e perturbazione degli ecosistemi marini e terrestri.
ll calo delle emissioni di carbonio a livello globale del 4 % stimato nel 2020, legato al lockdown imposto dalla pandemia, rappresenta solo una piccola interruzione su un andamento in costante crescita della curva, e questa riduzione non farà calare la CO2 in atmosfera, che continuerà a salire, anche se a un ritmo leggermente ridotto. Il lockdown infatti ha ridotto solo le emissioni di diversi inquinanti e gas serra, ma non il consumo energetico complessivo, provocando quella che è considerata una normale fluttuazione del ciclo del carbonio da un anno all’altro .
Anidride carbonica e metano. In base a quanto riportato dal Greenhouse Gas Bulletin, pubblicato annualmente dall’Organizzazione Metereologica Mondiale, le concentrazioni medie globali di anidride carbonica, il principale gas serra, hanno raggiunto 410,5 parti per milione (ppm) nel 2019, in crescita rispetto ai 407,8 ppm nel 2018, e 405,5 ppm del 2017. Il rapporto prevede che i livelli di anidride carbonica continueranno a crescere nei prossimi anni. Nell’ultimo decennio circa il 44% della CO2 è rimasto nell’atmosfera, il 23% è stato assorbito dall’oceano e il 33% dalla terraferma.
Il 40% del metano (il principale gas serra, dopo la CO2, che rimane in atmosfera per circa dieci anni), viene emesso nell’atmosfera da fonti naturali (ad esempio zone umide e termiti) e circa il 60% proviene da attività umane come l’allevamento del bestiame, le piantagioni di riso, lo sfruttamento dei combustibili fossili, le discariche e la combustione di biomassa.
Nonostante tutti gli impegni assunti nell’ambito dell’Accordo di Parigi sui cambiamenti climatici, in cui i governi si sono impegnati a cercare di fermare l’aumento delle temperature a 1,5° rispetto ai livelli preindustriali, non c’è segno di rallentamento. Sarebbe necessario giungere ad una diminuzione nell’ordine del 6% l’anno fino al 2050, in linea con l’obiettivo di Parigi. Ma per limitare il riscaldamento a 1,5° tutti i paesi devono accelerare la trasformazione verso un futuro di emissioni nette a zero in tutti i settori a un ritmo molto più veloce rispetto alle tendenze attuali. abbandonando l’uso dei combustibili fossili.
COP26 non ha raggiunto l’obiettivo, non ha impresso la svolta che era necessaria. La parte chiave dell’accordo, sull’abbandono del carbone e lo stop ai sussidi per i combustibili fossili è molto debole. Viene semplicemente “richiesto” ai i governi di limitare il riscaldamento del pianeta entro 1,5°C entro il 2022. Non ci resta che ricercare concretamente il clima perduto.