Pane e calcio
Cresciuto a pane e calcio, sono uno di quelli. Gli anni del bambino e adolescente, fino alla maturità sono stati segnati dal pallone. Come giocatore e come tifoso. Non posso affermare di essere un tifoso super esperto, e oggi ce ne sono tanti, ovviamente, che magari non sanno davvero “come è fatto un pallone”. Come giocatore si, tanta tecnica che se avesse trovato i canali giusti … Ma quel mondo non è facile ed è molto plausibile esserne disgustati ed allontanarsene.
I campionati europei appena conclusi hanno sancito la vittoria italiana.
Quella ai rigori non è mai una vittoria completa, le partite che si concludono così non possono essere classificate, secondo me, come vere e proprie vittorie. La vera vittoria, fortune e sfortune comprese, è sul campo a giocare, al netto del tiro da undici metri.
Il tifo e la passione, diretti a volte a veri e grandi personaggi, nei limiti della civiltà ci stanno e li condivido anche se segnati da punte di sarcasmo e ironia.
Competizioni che è difficile, purtroppo, farle restare nei limiti della civiltà e della sportività, esse sfociano quasi sempre in profonde divisioni, competizioni e conflitti violenti veri e propri. Questo è un aspetto del circo del pallone oggi. Circo che è segnato anche da due altri aspetti fondamentali: quello economico e quello mediatico. E’ davvero penoso pensare agli smisurati compensi dei professionisti del calcio, a quelle decine e a volte centinaia di milioni per gli stipendi e a quanto sia sproporzionata l’importanza dal punto di vista comunicativo e sociale che ad essi viene tributata.
Si sa, agli eroi, da quelli del mito a gladiatori e combattenti in genere sono sempre stati tributati onori smisurati e sproporzionati.
Così credo, risulta penoso vedere le immagini di questi europei 2020 giocati nel 2021 per la pandemia. Ed essa è stata completamente dimenticata come dimostrano le immagini degli stadi e dei festeggiamenti. Dimenticata da tutti istituzioni e semplici cittadini. Risulta penoso vedere gli eroi in comportamenti antisportivi, come quello di rifiutare il premio, e come se non bastasse l’onore e l’onere di aver partecipato, di essere stati tra i pochi eletti.
Penso alla frase di Kipling che troneggia negli spogliatoi di Wimbledon: “Se saprai trattare la Vittoria e la Sconfitta, questi due impostori, allo stesso modo… sarai un Uomo».