Pandemie. Dubbi, perplessità e certezze
La pandemia. Ormai ascoltiamo e leggiamo i commenti più disparati. Tutto e il contrario di tutto.
Allarmisti e negazionisti, poi complottisti. Gli scienziati che forniscono interpretazioni contrapposte, molti di essi amano molto apparire sui media e anche tra loro allarmisti esagerati e semplificatori folli.
Ecco la pandemia mondiale che mette in ginocchio i sistemi sanitari di tutto il mondo e distrugge tutte le attività economiche. Salvo alcune.
Alcune pillole preliminari.
- Tamponi. Ma questi distinguono tra un’influenza normale e Covid19?
- Terapie intensive. Ogni anno le terapie intensive erano al collasso nel momento influenzale di punta, con anziani fragili o immunodepressi, obesi o sotto multiterapie farmacologiche. L’influenza ordinaria è scomparsa, del tutto?
- Forse i decessi, alla fine erano sempre gli stessi, ed oggi si sono tutti trasformati in morti da Covid19?
- E’ noto che il picco influenzale si ha tra fine dicembre e la metà di febbraio, dunque è evidente che, finché il conteggio dei “contagiati” si continuerà a fare con i tamponi che non distinguono tra influenza normale e COVID, ci potranno continuare a raccontare che l’epidemia è in crescita.
- Tutti i provvedimenti presi distruggono l’economia, uccidendone la sua forza trainante, l’impresa privata. Quella che lavora onestamente e che paga le tasse. Ora hanno chiuso bar, ristoranti, centri estetici, palestre, discoteche, cinema, teatri, stadi, centri sportivi, piscine, negozi di qualunque genere purché non alimentari, aziende turistiche, professionisti e consulenti non medici, attività corsistiche e congressuali, musei.
- Le partite IVA chiudono (e chiuderanno) lasciando per strada milioni di disoccupati; come è possibile che questo possa avvenire senza traumi?
- Si può scherzare con i 500 morti al giorno cardiovascolari, con i 400 morti al giorno per tumore, ma non con quelli da influenza. Quelli no. Perché per prevenire i primi basterebbe controllare fumo, sedentarietà, obesità, pesticidi. Per i secondi invece servono i lockdown?
- E’ un’Italia permanentemente in coprifuoco, con i bambini mascherati e distanziati, scuole chiuse, le famiglie divise, le città chiuse, la polizia a controllare la busta della spesa.
- Forse, cari politici, servono altre strategie.
Dubbi e grosse perplessità su come la comunità scientifica reagisce agli eventi e come le istituzioni gestiscono, per ogni singolo stato la pandemia; ma anche come le organizzazioni internazionali, Unione Europea, OMS, si confrontano con le multinazionali del farmaco rispetto alla fase della futura gestione del vaccino.
La profezia del naturalista-viaggiatore David Quammen risale al 2012. E’ in quell’anno che vede la luce il suo lavoro Spillover (Adelphi, 2014), una avvincente storia dell’evoluzione delle epidemie. Quammen prevede il «Next Big One», una futura grande pandemia, causata da un virus zoonotico trasmesso da un animale selvatico, verosimilmente un pipistrello venuto a contatto con l’uomo attraverso un «wet market» in Cina. E’ una previsione veramente sorprendente ma essa si su un capillare lavoro di ricerca, inchieste e interviste, supportato dai dati scientifici forniti dagli esperti.
Nel bailamme esistente tra scienziati immagine, negazionisti e catastrofisti, forse un unico dato scientifico è certo e sicuro: la distruzione della biodiversità da parte dell’uomo e l’interferenza dell’uomo nell’ambiente accelerano le condizioni per la comparsa di nuovi virus.
Quando l’uomo interferisce con gli ecosistemi, in qualsiasi modo, catturando e uccidendo animali, distruggendo foreste, modificando l’ambiente naturale, disturbiamo questi ecosistemi e scateniamo nuovi virus.
L’aggravante è che noi non siamo poche centinaia di milioni come qualche secolo fa, oggi siamo quasi 8 miliardi di esseri umani: ci spostiamo a velocità mai viste in ogni direzione, voliamo su aerei, trasportiamo cibo e altri materiali. Così le zoonosi divengono pandemie globali.
Informazione e disinformazione. Dovremmo imparare di più su questo virus, informandoci correttamente, per poi prendere le misure adeguate, individuali e collettive per controllarlo.
In questo periodo molte persone sono impazienti, arrabbiate e poco informate. Dimostrano più interesse per le cospirazioni che per la scienza. La disinformazione si diffonde facilmente. Spesso ricevono notizie da fonti poco affidabili e hanno appetito per una forma negativa di eccitazione.
Questa epidemia è talmente diffusa che potrebbe non scomparire del tutto. Il virus resterà, probabilmente. Così è successo per l’Ebola nel 2014 in Africa occidentale. Ebola, di cui ancora non conosciamo l’ospite con certezza, si manifesta, appunto nel 2014, uccide migliaia di persone. La scienza risponde alla minaccia, l’epidemia rallenta e poi sparisce. Ma il virus, dicono gli scienziati, è ancora nell’ospite.
I virus non tornano dall’essere umano all’ospite ma continuano a risiedere nell’ospite. Ciò succede nella maggior parte delle epidemie. Si manifestano, colpiscono gli esseri umani che soffrono, muoiono, i medici e la comunità rispondono, l’epidemia viene messa sotto controllo e sembra scomparire. Ma il virus rimane nell’ospite.
Un altro elemento da tenere presente. Il Covid-19, come la Sars, è da ritenersi più pericoloso di altre epidemie perché i sintomi arrivano più tardi del contagio. L’organismo non fa suonare l’allarme nel momento in cui si infetta, si diffonde dalle persone prima che si vedano i sintomi. In questo momento abbiamo esattamente questo caso di virus.
Il corretto distanziamento sociale da usare come una delle forme di controllo della circolazione del virus, l’allontanamento sociale e l’autoisolamento non devono portare all’allontanamento emotivo, e farci percepire l’altro come una minaccia o un nemico. Quindi distanza sociale sì, ma con una connessione emotiva.
E’ necessario che tutti, i governi prima di tutto, usino gli strumenti a loro disposizione, e non sono pochi, per fare una corretta informazione per far comprendere a tutta la collettività che le zoonosi possono essere molto pericolose e costose e dobbiamo essere preparati nell’affrontarle.
Più posti letto in ospedale, più unità di terapia intensiva, più ventilatori, più mascherine, più formazione del personale sanitario, più formazione degli scienziati. Studiare piani di emergenza a livello locale, regionale, nazionale. Per tutto questo ci vogliono programmi precisi e risorse.
E non ultimo è necessario rendersi conto, tutti, semplici cittadini, governi, istituzioni, che il modo in cui viviamo su questo pianeta ha delle conseguenze. L’essere umano da sempre domina il pianeta su cui vive. Ma dall’inizio delle Rivoluzione Industriale questo domino ha subito un impatto mai visto. Nessuna altra specie ha fatto ciò che stiamo facendo ora al Pianeta Terra. Questo comporta delle conseguenze, molto preoccupanti, drammatiche e catastrofiche. Conseguenze di cui tutti, più o meno siamo responsabili. Alcune di queste conseguenze prendono la forma di una pandemia da coronavirus.