Attesa
Sono milioni di anni che busso alla tua porta per poterti visitare. Tu non mi hai mai fatto entrare.
Ma quale gioia scoprirti pian piano negli anni, apprezzare i tuoi colori, i tuoi dolci rilievi senza in un lampo inghiottirli, farli miei e poi dimenticare.
Le mie acque hanno bussato alla tue infinite porte, certe volte violentemente, altre, con un gesto appena accennato. Lo possono testimoniare le tue spiagge bianche, brillanti di quarzo, o scintillanti di stelle nere, o le tue coste che come tavolozze sono colarate di mille colori.
Ho bussato in tutte le stagioni, con violenza in inverno, aiutato dalle mie sorelle onde e minacciandoti con le mie sfumature più cupe. E tu in risposta aprivi le tue finestre più alte, con il Capanne innevato e il tuo cielo di un azzurro terso con la sua luce che sa d’immenso. Ti ho cercata in primavera, e che stupore scoprirti di mille colori, con i campi rossi, gialli e violacei, e colorate le montagne, le valli e e persino le spiagge, leggermente accennate in rosa.
Ti ho salutata in estate, rispettoso del tuo caldo riposo nel giallo oro e verde brillante.
Ma in autunno che gioia sarebbe stata per me visitare le tue foreste, così nostalgiche con quei colori caldi e con i loro dolci frutti. Nelle giornate autunnali più chiare sbirciare commosso dalle tue vette le tue sorelle. Ma un giorno nemmeno così poi tanto lontano sulle mie acque oscillava un guscio di noce, con piccoli esseri indaffarati a scoprire i tuoi tesori. Tu li hai fatti entrare.
Spero sorella isola nella tua saggezza.
Ombretta