Ecuador. Novembre 2019. La foresta di Otonga
I due giorni passati insieme a Giovanni, a Otonga e a Santo Domingo, sono faticosi ma un toccasana per i nostri occhi e la nostra anima.
Attraversiamo le Ande per raggiungere Otonga, il paesaggio è spettacolare anche se le ombre della sera incalzano. Arriviamo con il buio ad Otonga, dopo una breve sosta per la cena in una mangiatoia, ristoro lungo la strada, frequentata soprattutto da camionisti: siamo sulla via principale che da Gayaquil, centro commerciale strategico del paese, conduce a Quito.
Le opere realizzate ad Otonga dalla Fondazione sono di grande rilievo. L’hotel è nuovo di zecca, quasi finito, ha 30 camere molto curate e ottimamente arredate, il centro di educazione ambientale ospita università, ricercatori e studenti che vengono da tutto il mondo per studiare e conoscere la foresta.
La guida di Giovanni è preziosa. Ha risposte quasi su tutto e su alcuni argomenti, che giudica superflui, alle domande, cambia discorso. Come sulla scomparsa della foresta amazzonica, qui non ha una risposta; capiamo, parlando anche con Elisio, uno dei tre fratelli Tapia (insieme a Mario e Italo), suoi allievi e straordinari naturalisti, che è un processo che non si può fermare (ci vorrebbe un miracolo della Virgen), troppi interessi economici, troppi risorse strategiche, troppa gente da sfamare.
Nelle due ore di escursione in foresta, ogni remoto angolo della giungla è commentato e descritto dallo scienziato, che alterna a volte la presenza del religioso. Ogni essere vivente è collegato ad altri e tutti insieme vivono la loro avventura. Ogni pianta ha il suo insetto ed ogni insetto ha i suoi colleghi nemici ed amici che mantengono in equilibrio il nostro straordinario mondo, almeno finora.
Arrivi alla Union del Toachi e seguendo il corso del fiume attraversi un ponte tibetano: sei nella magica foresta di Otonga.
Avventure, racconti, aneddoti e serie testimonianza scientifiche. Però ci restano da visitare gli stregoni. Santo Domingo, a meno di un’ora da Toachi è famoso in Ecuador per i molti curanderos, che vivono nelle comunità indigene della zona. Gli ecuadoriani riconoscono che questi indigeni sono perfetti conoscitori delle medicine naturali.
Le comunità indios sono ormai votate a rappresentazioni turistiche, ma qualcuna, grazie al cielo, sopravvive autentica. Ma di questo Giovanni non si fa scrupolo, la contaminazione con i turisti al momento non è pericolosa, secondo lui, ma è importante che conservino la loro cultura. Chissà se ha ragione. Visitiamo quindi la comunità Tsáchila ed è un giro istruttivo tra riti, piante medicamentose e animali terapeutici.