Sri Lanka, 25 novembre 2018
Ceylon, la più bella isola grande del mondo … Al mattino, il miracolo di quella natura appena lavata mi sbalordiva. Fin dalle prime ore del giorno ero insieme ai pescatori. Le imbarcazioni, provviste di lunghissimi galleggianti, parevano ragni del mare. Gli uomini tiravan su pesci dai colori violetti, pesci come uccelli della foresta infinita, alcuni d’oscuro azzurro fosforescente come un intenso velluto vivo, altri in forma di globo pungente …”P. Neruda, Confesso che ho vissuto
Sarà cosi, come ora percepiamo questo viaggio? Sta svanendo anche la speranza? Parlando con i giovani che conosciamo sembra che nel paese non si vedano con certezza le basi su cui costruire il futuro, su cui progettare una vita serena e felice. “Non posso crescere i miei figli qui”, dice Tharanga. Sono di questi giorni le scazzottate al Parlamento, evidenza di una crisi profonda con radici economiche, che sottende al ruolo strategico che l’isola ha nello scacchiere asiatico, contesa tra le potenze occidentali e la spietata influenza cinese.
Aggiungiamo la nostra percezione. Negli ultimi 10 anni la crisi economica e il malcontento popolare (difficoltà di accedere all’istruzione, perdita del potere di acquisto, aumento dei prezzi e salari, quelli più alti fermi a circa 150 € al mese) si sposa con la selvaggia distruzione delle risorse naturali, rappresentata dalla cementificazione della costa con assurde mega strutture in cemento che sfigureranno per sempre l’isola delle spezie. Anche in questo caso il turismo è un fenomeno devastante. Cinesi, russi, ma anche, ovviamente occidentali, utilizzano i circuiti internazionali dove i prezzi sono da occidente e spesso si possono trovare le luxury villas a 1.000 € il giorno, dove una bici, mezzo fondamentale per molti per lavorare, costa 150 €, quanto lo stipendio (quello più alto della media) di un mese.
Li abbiamo visti oggi in funzione quei circuiti internazionali, torpedoni di cinesi e americani alloggiati al Mont Lavinia Hotel, dove abbiamo incontrato Wansa, manager di Crystal Holiday. Certo è un modello che paga, produce reddito, dà lavoro a centinaia di persone, e fin qui tutto giusto e legittimo, ma non quando, questo, insieme a un concreto sentore di scarsa democrazia e alla mancanza di etica, conduce molti uomini e molte donne di questo pezzo di Asia, alla perdita della speranza.
Sono sicuro, tornando al turismo di massa, che un modo diverso di fare turismo esiste, raccontare un territorio con la sua storia, vivere in profondità la natura, condividere esperienze autentiche con la gente comune, tutti ingredienti questi che possono fornire le basi per un’alternativa al modello ad oggi vincente. Si può fare, le condizioni ci sono, forse la volontà e il buon senso un po’ meno. Nel nostro piccolo ci proveremo.
Sri Lanka, Maharamba, 2 dicembre 2018. Come se qualcosa, o un insieme di influenze cospirasse per abbattere il fascino e la bellezza di questo piccolo pezzo di Asia, situato qualche grado a nord dell’equatore. Lo sviluppo turistico degli ultimi anni, dopo lo tsunami del 2004 e dopo la fine della cruenta guerra civile del 2009, è stato dirompente e ora siamo nella fase dell’omologazione sugli standard globalizzati e uniformi. Questo produce un impoverimento della cultura del paese, sempre più orientato verso modelli alieni. Enormi complessi stanno spuntando lungo la costa, scatole di cemento che producono inquinamento e perdita di paesaggio e impoverimento dei valori e della cultura del luogo. Forse è ancora possibile entrare in sintonia con il vero volto di Ceylon, scegliendo consapevolmente esperienze autentiche e non consumando quel triste prodotto turistico che oggi va per la maggiore. E’ una vecchia querelle, quella che oppone il turista al viaggiatore. Ma oggi anche il viaggiatore, condizionato dagli stimoli che la grande società globale impone, spesso sceglie la soluzione più facile, che è, però quella meno vera rispetto ai luoghi che si visitano.
Manca spesso la consapevolezza. Non è scontato potersi spostare facilmente per migliaia di chilometri, viaggiare in luoghi e paesi lontani. Sono pur sempre esperienze straordinarie, se ne siamo consapevoli, se le si sanno cogliere, se le sappiamo interpretare e vivere. Sarebbe bello poter viaggiare dove non va nessuno, lontano dai santuari del turismo di massa, per essere in contatto con il vero genius loci. E’ possibile anche però viaggiare nei luoghi top dei flussi turistici, con la consapevolezza e l’atteggiamento del viaggiatore. Così il viaggio è esperienza e non solo foto da sparare sui social e da mostrare al ritorno come trofei di una banale vacanza.
Willpattu National Park, 27 novembre 2018. Accettiamo il consiglio di Lahiru, la nostra guida-autista, per la visita del Willpattu NP. Ci svegliamo di buon mattina ed alle sei siamo all’ingresso dell’area protetta. E’ il più esteso Parco dello Sri Lanka, 1.317 chilometri quadrati, il suo nome significa “terra dei laghi”. Infatti è situato a nord di Colombo e si affaccia verso il mare attraverso una serie di ampi sistemi lagunari che replicano verso l’interno estesi bacini lacustri. L’area è stata interdetta al turismo per un lungo periodo a causa della guerra civile e solo dopo il 2009 le visite sono state aperte. E’ famoso per la presenza del leopardo (Panthera pardus kotiya), oltre un centinaio di esemplari, sono anche presenti l’orso, (Melursus ursinus inornatus), il bufalo (Bubalus bubalis), il sambar (Rusa unicolor unicolor) il cervo pomellato (Axis axis ceylonensis). Ovviamente coccodrilli, varani, e varie specie di uccelli, aquile comprese. Meno presenti gli elefanti.
Abbiamo fortuna, dopo qualche centinaio di metri, in prossimità di un grande lago, sulla riva opposta avvistiamo un esemplare di leopardo a riposo. Lahiru è molto bravo e si vede ha molta esperienza prontamente lo avvista e celo fa fotografare. Ancora il caldo non si fa sentire e possiamo proseguire il nostro giro in fuoristrada. Grazie a Lahiru possiamo scoprire gli altri animali, aquile, cervi, bufali, immersi in un paesaggio struggente che alterna grandi distese d’acqua segnate dalle ninfee e dal fior di loto a estese e lussureggianti formazioni vegetali. Rientriamo dopo 4 ore circa e ci dirigiamo verso Anuradhapura.
Anuradhapura, Sri Lanka, 28 novembre 2018. Anuradhapura è uno dei siti Unesco del paese (sono in tutto 8…), un importante pezzo del circuito delle città antiche con Polonnaruwa, Sigirya, Kandy, Dambulla. Tutti meritano una visita, ma, ovviamente ci vuole un po’ di tempo e di calma, per essere consapevolmente consci di ciò che si vede!
Ad Anuradhapura ci si può perdere nelle meraviglie dei suoi 40 km di area archeologica che racconta l’antica capitale a partire dalm IV sec. a.C. C’è solo l’imbarazzo della scelta, ma una selezione ragionata potrebbe essere: lo Sri Maha Bodhi, il sacro albero del buddha, il più antico al mondo. Luogo intensamente frequentato dai cingalesi che vengono qui in pellegrinaggio, moltissime famiglie, studenti, fortemente immersi nella spiritualità del luogo.
Il complesso religioso Isurumunya Vihara, situato vicino al lago Tissa Wewa (ampio bacino artificiale di 160 ettari). Il tempio risalente al regno di Devanampiya Tissa (II sec. a.C.), è inserito nelle formazioni rocciose dalla cui sommità si gode il panorama di Anuradhapura. Un curato giardino con una bella vasca ornata di ninfee rappresenta il benvenuto per la visita. E’ possibile vedere le splendide sculture risalenti al V sec. d.C. conservate nella piccola sala museale contigua al tempio. Quelle presenti in situ sono le più belle, gli amanti e gli elefanti, che si trovano nella loro ubicazione originaria. Poi il Ruwanwelisaya Dagoba, monumento sacro per i buddhisti di tutto il mondo. Costruito nel 140 a.C. dal re Dutugemunu. Oggi si presenta completamente rinnovato dopo i ripetuti restauri grazie alla Ruwanveli Seya Restoration Society. Poco distante diamo uno sguardo ai resti del Brozen Palace, detto Lovamahapaya di cui restano solo le numerose colonne che sostenevano il fabbricato. A seguire il Thuparama, nome che significa semplicemente Stupa; è il primo dagoba costruito nello Sri Lanka (III sec. a.C.)
L’Abbayagiri Dagoba, impressionante e maestoso come il Ruwanwelisaya, rappresenta uno dei luoghi di culto simbolo del buddhismo. E’ uno dei monumenti più alti dell’antichità, secondo solo alle piramidi di Giza e Cheope.
Le sculture Pietra di Luna, le originali e le più belle di tutto il paese, la vasca degli elefanti Eth Pokuna, le vasche gemelle Kuttam Pokuna, lo stupendo Samadhi Buddha, una delle più suggestive immagini scolpite del Buddha, e per finire il Jetavanaramaya Dagoba.
Poco distante dalle città il Purana Gama Village, antico villaggio. Una vasta area, un tempo insediamento rurale, perfettamente conservata, oggi destinata all’ospitalità per viaggiatori, in cui poter fare esperienza autentica sugli stili di vita e sulla cultura ancient village. Cooking class con le donne del villaggio: dolci tipici, palline di cocco con farina di riso e treacle.
Galawatta, Sri Lanka, 4 dicembre 2018. Amal, il deciso ragazzino che abbiamo conosciuto 14 anni fa oggi è a pieno titolo il manager di una semplice ma articolata struttura per l’ospitalità, gestita alla loro maniera. Ma qui ancora si respira autenticità, a parte i cubi di cemento che sorgono a paca distanza e in lontananza il mostro che ha sfigurato la splendida insenatura di Unawatuna e il profilo ammaliante del suo promontorio con il candido dagoba sulla sua estremità.
L’ampio palmeto e le cabanas sul mare sono la perfetta applicazione di quanto il viaggiatore si aspetta dai dei mari del sud.
Anche se l’atmosfera sta rapidamente cambiando per sempre la linea di costa rendendola omologata e uguale dovunque, qui il luogo è ancora accogliente, naturale e vero.
Turtle Rock, come lo abbiamo battezzato noi con i bambini, in quel fatidico 2004, si erge sempre imperioso sul lato sinistro della struggente piccola baia protetta dal reef, anticipando la costa meridionale, punteggiata di baie perfette e scogliere, i luoghi dove ancora si vedono le caratteristiche postazioni dei pescatori locali, divenute una delle icone di Ceylon. Anche loro, però, aggrediti dall’incessante massa di scatti che li attendono ogni giorno, si sono immersi nel business, e sempre in agguato c’è un loro manager che prontamente ti chiede la parcella ad ogni foto scattata.
Purana Gama, Sri Lanka, 2 dicembre 2018. Ecco una preziosa e perfetta ricostruzione di un insediamento rurale di fine 800. Una comunità autosufficiente, come un tempo in equilibrio con i sistemi naturali. Ricostruzione un po’ artificiale, certo. Ma in che modo altrimenti rendere l’idea. Specie oggi che molta parte dell’isola è sfigurata dal sistema produttivo imposto dalla globalizzazione. Anche se virtuale ci sono degli elementi che lo rendono reale. Gli uomini e le donne che lavorano qui, con le loro storie, le loro vite, che si adoperano per mantenere vivo un sistema carico di esperienze. Un sistema che, per mantenersi in equilibrio senza scadere nel folcloristico, andrebbe vissuto da viaggiatori consapevoli. Altrimenti se ne perderebbe l’essenza.
Sri Yoga Shala, Sri lanka 3 dicembre 2018. Per ora è vero e accogliente, segnato dalla bontà e dall’entusiasmo di Eva. E spero di possa mantenere tale. A poca distanza da Mihiripenna e a circa 10 minuti da Dalawella, si raggiunge percorrendo una delle tante stradine che portano nell’interno, lontano dal rumore e dalla confusione di Matara Road. Immerso nella lussureggiante vegetazione equatoriale, in perfetta sintonia con l’ambiente circostante, anche le scelte architettoniche sono risultate azzeccate, molto sobrie e poco impattanti. Vediamo con il progetto, immancabile visto il trend, delle nuove otto camere che Eva dice di voler realizzare. Comunque uso di molto legno per le coperture e per le pavimentazioni, specie nelle due sale per dedicate alla meditazione. L’elemento trainante è la semplicità e l’energia di Eva, che è positiva e trasmette serenità. Il viaggiatore si sente accolto e non usato, come invece spesso succede oggi qui a Ceylon.
Secret Garden, Unawatuna, Sri Lanka, 4 dicembre 2018. Incredibile la foto che ci ha fatto vedere Simona, Unawatuna alla fine degli anni 80, solo palmeti e spiaggia, e il piccolo dagoba sul promontorio. Basta. Oggi la spiaggia è totalmente sfigurata e la piccola strada che percorre il profilo della baia è diventato un bazar inquinato e pieno di traffico, Ovunque shop e insegne multilingue, specie in russo, autentica prostituzione di massa al dio denaro. Ma qui, proprio a ridosso della spiaggia esistono ancora esperienze autentiche. Lei, Simona, ha una grande energia e una grande passione per quest’isola, il suo giardino segreto vuole essere un omaggio all’ospitalità e alla libertà di espressione. Le stanze che offre sono semplici ma ben arredate e offrono tutti i servizi, inserite nella costruzione di fine 800 che ha cercato di conservare il più possibile in tutte le sue parti. Pochi interventi in giardino, la sala per yoga, che lei ha battezzato “il tempio”, e un paio di bungalows per l’accoglienza degli ospiti. Riuscirà, questo piccolo angolo sereno a resistere agli assalti chiassosi e vacanzieri di un turismo omologato e uguale ovunque? Prima che sia troppo tardi anche qui, come sta succedendo in altre parti del mondo, dovrà emergere la consapevolezza per un cambio di paradigma, allora potremo sperare. E qui, putroppo, la gente vuole ciò che noi per anni abbiamo avuto e da cui ora stiamo fuggendo.
Udawalawe National Park, Uva Province. 1 dicembre 2018. Puntualissimo l’autista della jeep che ci condurrà a visitare il parco arriva al nostro rifugio presso il Kalu’s Hideway. Lavora con Nishanta che, come moltissimi altri cerca di mantenere il suo bussiness con i safari organizzati all’interno del Parco. Lui è giovane e gentile, molto scrupoloso e premuroso, non è una guida ma ha molta esperienza e ci fa trovare nel posto giusto al momento giusto. Si è portato dietro una guida tascabile sugli uccelli dello Sri Lanka che alla bisogna sfodera e ci fa consultare con entusiasmo. E’ un attento osservatore e molte volte si ferma per farci ammirare camaleonti e gechi immobili al sole e quasi invisibili ai nostri occhi disattenti.
Il Parco Udawalawe (309 kmq) si trova in una posizione molto felice. Tra la Singaraja Forest, a ovest, ultimo lembo integro di foresta pluviale del paese e i due parchi a est, il Lunugamvehera National Park e il Grande Yala National Park, e, per completare a nord si trova tutta l’estesa zona montuosa centrale con l’altro parco Horton Plains. Posizione felice perché riceve tutta l’acqua che serve per mantenere la grande varietà di animali che lo popolano. E molto meno conosciuto di Yala e molto meno frequentato, fortunatamente, ma è molto più facile avvistare la fauna presente. Il centro visite e l’ingresso sono molto minamal, ma chi lo vuole può tranquillamente soffermarsi sui pannelli in prossimità della biglietteria, molte informazioni le danno, anche se non sono considerati dai flussi turistici che visitano l’area. Il safari va di moda, sia per chi lo compra che per chi lo vende. Il parco comunque merita. Ampi specchi d’acqua e grandi laghi frequentati da pellicani e tucani. E sicuramente è possibile avvistare senza molto sforzo due dei big five, l’elefante e il bisonte.
Prima di arrivare all’ingresso, lungo la strada in prossimità del grande e romantico bacino artificiale vediamo un elefante conficcato nel fango ed immobile, pensiamo ad un piccolo rimasto fuori dal gruppo e poi finito nel fango. Ma siamo un po’ ingenui e poco informati. Curiosando su FB Tharanga scopre che è stato ucciso da un bracconiere con un fucilata alla testa e non era conficcato bensì le gambe avevano ceduto ed era semplicemente sostenuto in piedi dalla zona paludosa. Al nostro rientro il personale del parco lo aveva tirato fuori e lo stava esaminando per capire la dinamica dell’uccisione.
Entriamo e siamo subito fortunati, in prossimità di una bella pozza d’acqua arrivano una decina di pachidermi a mettersi del fango lungo il dorso ed a rinfrescarsi. E’ davvero uno spettacolo emozionante e suggestivo, placidi e tranquilli nonostante le molte jeep che cercano il loro spazio, maestosi svolgono le loro semplici funzioni per proteggersi dal caldo.
Continuiamo il nostro giro, più o meno durerà 4 ore. Avvistiamo diversi esemplari di aquile, alcuni uccelli endemici, bisonti, molti tucani e pellicani e tanti elefanti spesso in gruppo, alcuni isolati. E’ presente anche il leopardo e il sambar, ma è più difficile di avvistarli rispetto a Willpattu. Viviamo anche il nostro momenti di paura.
L’elefante asiatico (insieme a quello africano ) è uno degli animali più grandi del pianeta, può pesare più di 1 tonnellata. E’ molto intelligente, il suo cervello pesa fino a 5 kg. E’ un animale molto sociale e vive in branchi. Spesso avvistiamo esemplari isolati, Tharanga ci dice che può succedere che all’interno del gruppo qualcuno si comporti male, e allora per un periodo viene allontanato. “Allora lui rabbia!”. Si ritrova in una condizione di sofferenza e reagisce, spesso con rabbia. Ecco che dietro un curva avvistiamo un esemplare isolato, di fronte a noi, sulla strada, E’ una frazione di secondo e ci viene incontro caricando la jeep, l’autista allarga le braccia e inizia ad urlare per spaventarlo, si ferma a 10 centimetri da me. Poi fa qualche passo indietro e si piazza di fronte all’auto, iniziando a barrire. Poi si ferma e aspetta immobile, un silenzio irreale per alcuni interminabili minuti. Si sente il rumore di altri mezzi che arrivano, e lentamente rientra nel folto della vegetazione. Abbiamo vissuto la nostra avventura esotica, con tanta, inevitabile paura.
Yatagale Temple, domenica 9 dicembre 2018. L’ampia scalinata conduce sulla sommità di una collina granitica. Infatti qui lo chiamano Rock Temple, in rete si trova come Yatagala Raja Maha Temple. Il luogo non è molto frequentato dai turisti e spesso anche i driver a fatica riescono a trovare la strada (ma succede spesso anche in tantissimi altri casi). Dalla sommità il tempio domina le verdissime risaie sottostanti.
Prima di arrivare attraversiamo un paio di volte la ferrovia e passiamo accanto alla minuscola stazione ferroviaria di Unawatuna: che spettacolo, qui leggiamo il contrasto tra la semplicità di un tempo e il disordine e caos che ora si respirano lungo la spiaggia deturpata da inutili shop e geusthouse.
Le prime costruzioni religiose di Yatagala risalgono a 200 anni prima di Cristo. La solita ostentazione orientale delle misure architettoniche: un’enorme statua di Buddha alta 9 metri si presenta alla fine della lunga scalinata. Però è un posto vero frequentato in prevalenza dalla gente del luogo. Il frastuono del traffico e la confusione che regna lungo la spiaggia di Unawatuna, invece che due, sembrano lontani migliaia di chilometri.
Si viaggiare, leggero e ammaliante, il motivo prometteva evasioni mentali dalle routine che la nostra condizione e il nostro affanno ci impone. Dentro agli schemi, fuori dagli schemi. Certo guardi indietro e pensi a come è cambiata la vita e quanto siamo legati agli schemi. Ecco, la noia! Quella che Giacomo aveva conosciuto e da cui a fatica riusciva a liberarsi, per poi restarne completamente imprigionato. Viaggiare in un paradiso pericoloso, in cui non si può indugiare troppo a lungo, con l’equatore a poca distanza. Una straordinaria varietà di natura, paesaggi, un mix di culture e tradizioni, che si coniugano magistralmente con lo slogan coniato dalla promozione turistica “wonder of Asia”. Inevitabilmente la mente scimmia scivola verso il negativo registrando ciò che gli occhi vedono. Per questo è utile uscire fuori dagli schemi e guardare a ciò che di positivo si cela, spesso, dietro ogni nuova strada.
Lo abbiamo visto e vissuto questo paese, impegnati nel nostro ruolo di sostegno ed abbiamo assaporato l’interazione, la mescolanza, sempre difficile, con la gente semplice che abbiamo incontrato e … sono volati 14 anni. La linea di costa è sempre più sfigurata, la capacità economica dei flussi turistici sta avvelenando la faticosa equilibratura sociale che il paese si era conquistato dopo la fine del dominio inglese. Un equilibrio precario, macchiato dal sangue di una guerra civile durata più di 30 anni.
La società globale e tecnologica produce e applica inesorabilmente i suoi modelli, ma ora anche una consapevolezza che forse le nuove generazioni sapranno cogliere meglio di noi.