Sri Lanka 2017 – Maharamba Road

Sri Lanka 2017 – Maharamba Road

Venerdì 24 novembre 2017. Sono le 8 e mezzo a MaharambaRd., Dalawella. Il villaggio, il piccolo gruppo di case che dal passaggio a livello della ferrovia, lato mare arriva allo shop dei Susil, ha un altro nome, per questo il padre (attè) di Tharanga è il riferimento, una specie di capo-villaggio. Dalawella è il villaggio sulla strada principale, Matara Road. Per identificarsi tutti qui dicono di essere originari di Unawatuna.

L’impressione di vedere Federico alla ricerca della sua strada, ma sicuro nel suo percorso. Tentenna solo al contatto con gli altri, ma è il suo modo di amare e un po’ anche la sua debolezza. E’ grande, bello e forte, è mio figlio.

L’evoluzione verso l’homo tecnologicus prosegue inesorabile. Verso una società sempre più dominata dall’apparire invece dell’essere, del sopravvivere a scapito del vivere. Forse però si vedono piccoli segnali in controtendenza. Ma, ogni luogo del mondo deve perseguire, comunque, il suo percorso fatto di crisi e rinascite. Oggi lo Sri Lanka va verso la massificazione del turismo, il lusso fuori luogo nel turismo, il valore assoluto del potere e del denaro. Arriverà, dopo aver distrutto migliaia di chilometri di costa e consumato tonnellate di cemento, costruito inutili centri commerciali per diffondere ovunque moltissimi oggetti inutili, disperso nell’ambiente una quantità incommensurabile di rifiuti, la fase dello slow, della qualità della vita, del giusto prezzo e del corretto rapporto tra qualità dei servizi e quantità del denaro corrispondente, il tutto condito, forse, con un po’ più di felicità da parte della popolazione. Forse.

Stamani molto presto Federico, insieme a Tara, è andato a Colombo per il suo visto, aspetto notizie. Tutto andrà al suo posto.

Sabato 25 novembre 2017. Ecco è molto presto, la mattina sta iniziando, sono ancora le 5.15, verso le 6 inizierà la decisa alba tropicale. Poi, in genere, la si definisce tropicale ma più precisamente l’isola di Sri Lanka si trova a poca distanza (6°55′ N) dall’equatore.

Oggi Sri Lanka, ma naviganti, popoli, dominatori ed etnie diverse hanno definito il nome dell’isola secondo le loro tradizioni, spesso mutuando, in tutto o in parte, definizioni più antiche.

Gli antichi greci chiamavano l’isola Taprobane. Infatti Tamraparni è secondo alcune leggende, il nome dato dal principe indiano Vijaya (543-505 a.C.) appena giunto sull’isola. La parola può essere tradotta come “foglia color rame”, dalle parole Thamiram (rame in sanscrito) e Varni (colore). Oppure Tamara, rosso e Parani, lalbero, “albero con foglie rosse”.

Il nome attuale deriva dalla parola sanscrita laṃkā, e, significa “isola risplendente”. Così oggi, ma prima Ceylon e prima ancora Serendib e Taprobane.

Più precisamente l’etimo Laka deriva dal tamil ilanku “brillare” o “ciò che luccica” con riferimento allo scintillio delle pietre preziose di cui è ricco il suo interno. Invece Ceylon con tutta probabilità, deriva dal sanscrito Simhache significa leone (o potente) e Siṃhāla è anche inteso come “dimora dei leoni”, e attribuito a una presunta precedente abbondanza di leoni sull’isola. Dalla radice di questo nome,forse per derivazione, gli arabi la chiamavano Serendib (da cui deriva il termine serendipità, che indica, soprattutto nel campo scientifico e delle esplorazioni geografiche, la fortuna di fare felici scoperte per puro caso e, anche, il trovare una cosa non cercata e imprevista mentre se ne stava cercando un’altra. Il termine fu coniato in inglese da Horace Walpole ispirato dalla lettura della fiaba persiana dei Tre principi di Serendippo). Secondo alcuni il significato arabo di Serendib è “isola dei gioielli”.

E’ diversa questa volta, mi pare di essere più sereno, senza la necessità di fare con la paura di perdere qualcosa. Ciò che viene è comunque bello se lo si sa apprezzare, inutile correre e cercare. Fede è bellissimo, ma sempre un po’ fragile. Forse dovrò dedicare un intero giorno, tutto per lui. Ieri, forse per il freddo preso durante la pioggia, la sera prima, ha un po’ di febbre. Tharanga vuole fargli fare l’esame del sangue per controllare… è meglio, dice. Forse andiamo dal medico a Unawatuna.

La casa di Tharanga procede, con i tempi loro. Servono ancora molte cose e soprattutto deve capire cosa fare e come farlo per poter affittare.

“Le opere di artisti e letterati hanno vita più lunga delle gesta di soldati, di statisti e mercanti. I poeti e i filosofi vanno più in là degli storici. Ma i santi e i profeti valgono più di tutti gli altri messi assieme”. A.J. Toynbee

Venerdì 1 dicembre ore 6.39. Inizia dicembre, il mio mese natale, mio e della mia mamma. Il 19 è il giorno del suo compleanno ed è il primo compleanno senza di lei. Non ricordo un anno fa, cosa abbiamo fatto con lei, devo chiedere ad Ombretta. Mi manca.

E’ da sabato che piove e gli ultimi due giorni sono stati particolarmente segnati dai temporali, ieri è andata via la luce per tutto il giorno. E anche ora piove copiosamente. Il maltempo è stata la sinfonia di sottofondo. Un ciclone, fortunatamente di modeste dimensioni,  si è abbattuto sull’isola causando 4 morti e sono dati per dispersi un ventina di pescatori che incautamente hanno preso il mare nel pomeriggio non facendo più ritorno.

Ieri mattina, verso le otto, una piccola schiarita ci ha, a me e a Federico, concesso una passeggiata sulla spiaggia. Bellissimo come sempre. Abbiamo preso il tè a casa di Amal, incontrato prima di arrivare sul mare. Chissà se dopo si aprirà e ci concederà, di nuovo, di passeggiare sul mare.

Sempe ieri, verso le 11 siamo andati a Koggala, di nuovo sull’isola della cannella e al giardino delle spezie. Abbiamo anche fatto la fishingtherapy, Il lago è, ad ogni visita, immancabilmente bellissimo. A differenza di 13 anni fa, le imbarcazioni solcano le sue acque tutte con il motore fuoribordo invece che a remi…

Tappa anche al giardino delle spezia Ananda Garden: ovviamente balsamo di tigre e olio rosso per i dolori articolari.

Rientrati e pranzo a Indian Hut a Dewatta, poi a Galle per le stoffe, rifiniti di nuovo al Manjari, dove effettivamente c’è una vasta scelta. La sera Kaliani ci ha preparato roti con pollo.

Le strade sempre brulicanti di mezzi a motore, puzzolenti ed inquinanti, poi di una moltitudine a piedi, in bicicletta, cariche a volte delle merci più disparate; la strada è ancora un’espressione di comunità, di vita, un mercato, quasi ad imitazione di una gigantesca agora, dove si guarda, si discute, si vive. Ancora per poco, le vie principali, oggi un modo di vivere in società, saranno sostituite dalle moderne highway, e là ci saranno solo auto che sfrecciano. Traffico caotico, auto, bus, tuktuk, moto, grandi e piccoli, cani, mucche…

Wijaia , ormai così si chiama questo tratto di costa, è come sempre struggente, sfregiata dalle nuove costruzioni, blocchi di cemento sul mare, che qui, come è successo su buona parte della costa meridionale, modificheranno per sempre un ambiente straordinario e il tessuto sociale di Ceylon. Il turismo produce un reddito altissimo, per pochi, ma è in questo modo che l’isola cambia perdendo, in assenza di politiche istituzionali che abbiamo in mente il governo del fenomeno turistico, la sua cultura e la sua identità.

Si respira l’aria del conflitto tra religioni, apice di un conflitto per il controllo delle risorse da parte delle lobbies, ma che, come succede in tutto il resto del pianeta, coinvolge poveri innocenti, indottrinati e invasati con i dogmi della  fede. Per ora solo qualche scaramuccia tra musulmani e cingalesi, ma potrebbe essere l’inizio di una nuova contrapposizione, a cui si potrebbe collegare la mai sopita rivendicazione del movimento indipendentista del nord annientato brutalmente dal precedente presidente-dittatore Mahinda Rajapaksa, a cui è succeduto l’attuale Maithripala Sirisena.

Oggi è questa la fotografia, sempre tormentata della componente religiosa, fortemente sentita da tutti i gruppi presenti: i buddhisti (della scuola Theravada; in sintesi, le scuole più importanti attualmente esistenti sono la scuola Theravāda, le scuole del Mahāyāna e del Vajrayāna) sono il 70,2%, gli induisti il 12,6%, l’’islam (in maggioranza sunniti) è praticato dal 9,4% della popolazione, il Cristianesimo dal 7,8%.

Due giorni fa abbiamo visto Lorenzo, l’atmosfera della casa è sempre intensa e piacevole con le piccole ospiti che ronzano intorno a noi felici e danzanti come le api si posano sui fiori alla ricerca del gustoso succo.

Quante ne sono passate in questi 13 anni, dalla prima volta che visitammo Mihhiri Gedere! Oggi non è c’è più Lucilla, ed è un triste ricordo: la passione con cui si presentava e la delusione, ai miei occhi, di un distacco immotivato.

Come sempre basta lasciare la costa, con le sue cattedrali al turismo e con la brulicante umanità del commercio, ed addentrarsi un po’ verso l’interno: si apre il mondo del silenzio e della pace, con le placide risaie segnate dalle palme e da una moltitudine colorata di animali e fiori. E’ nell’interno di questa isola equatoriale che si può scoprire il suo segreto. Vi sono però tanti segreti da scoprire. Frequentata da sempre dai navigatori, affacciata sul mare e sulla traiettoria delle principali rotte commerciali, presenta una stratificazione storica straordinaria, un miscuglio di culture, tradizioni filosofiche e religiose. Dominatori e feroci regnanti, semplici contadini e pescatori, monaci ispirati e sovrani illuminati, tutti attori sul palcoscenico di Serendib. L’isola non si è fatta mancare neppure la guerra civile, che dagli anni ‘80 ha visto contrapposte le Tigri Tamil, alla maggioranza cingalese. Una guerra che si è conclusa in modo cruento nel 2009 con lo sterminio dei separatisti, dopo 26 anni di massacri e oltre 400.000 vittime registrate.

There is no island in the world, Great Britain itself not excepted, that has attracted the attention of authors in so many distant ages and so many different countries as Ceylon. Cosi iniziava il dettagliato e magistrale rapporto sullo stato ambientale e culturale dell’isola da parte del segretario governativo James Emerson Tennent nel 1860.

In effetti Ceylon presenta una ricchezza naturalistica elevatissima ed è inserita tra i 25 hotspot del pianeta in termini di biodiversità. Purtroppo i problemi legati alla conservazione dell’ambiente non mancano, nonostante gli sforzi per l’istituzione delle aree protette (oltre 20 parchi nazionali). La foresta pluviale è in pericolo ed ovviamente tutti coloro che interagiscono con essa. All’inizio del XX secolo il 70% del territorio era coperto da foresta, nel 2005 la percentuale è scesa al 20.

4 dicembre. Ieri pomeriggio a Jaffna verso le 16.30. Piove al nostro arrivo. Oggi, dopo la lunga e drammatica tempesta della guerra civile la città è un importante porto peschereccio e commerciale. Testimonianze della comunità sono note dal II sec. a.C. I portoghesi vi fondano delle missioni nel 1544 e da questi viene sottomessa nel  XVII, nel 1656 arrivano gli olandesi e nel 1795 passa sotto il controllo della corona britannica.

Il viaggio da Galle è lungo, dieci ore, e dopo aver superato lo snodo, come sempre caotico di Kurunegala e Anaradhapura, la A9, da Vavunya, è soprendentemente priva di traffico e sempre dritta per 200 chilometri.

La A9 rappresenta uno dei simboli più forti della guerra civile che ha travolto il paese per oltre vent’anni. Passiamo l’Elephant Pass, un lungo tratto rialzato che collega la penisola con il resto dell’isola e ricorda il punto in cui dal 300 a.C. fino alla fine dominazione inglese migliaia di elefanti venivano imbarcati per essere traportati in India.

Nel punto di sosta dell’Elephant Pass vediamo ciò che resta del carro armato usato dalle Tigri Tamil nel 1991 nel tentativo di aprire una breccia nelle file dell’esercito singalese. La sua avanzata fu bloccata dall’intervento di un soldato, Gamini Kularatne, che lo centrò con una granata perdendo la vita.

Dopo aver preso una camera, passeggiata nel perimetro del forte, lungo la strada che si affaccia sulla laguna. Tornando ci accorgiamo che si sta preparando una cerimonia: gruppi di giovani, tantissimi, divisi in gruppi con costumi colorati, elefanti decorati con paramenti preziosi e luccicanti. Cerchiamo di capire.

Oggi è poja, e la prima luna di dicembre ricorda l’arrivo sull’isola della principessa Saṃghamitta nel II secolo a.C figlia dell’imperatore indiano Aśoka che, dopo la conquista di gran parte del subcontinente indiano, abbracciò gli insegnamenti del Buddha.

Saṃghamitta insieme al fratello Mahinda, entrambi monaci, introdusse il buddhismo nel paese. Il suo arrivo viene ricordato perché, simbolicamente portò con se nell’isola una talea del sacro albero della Bodhi, ai piedi del quale il Buddha ebbe l’illuminazione. Ancora oggi l’albero Sri Maha Bodhi è venerato ad Anuradhapura; secondo le indagine condotte dagli studiosi la talea è stata posta a dimora nel 288 a.C. ed oggi lo Sri Maha Bodhi è considerato il più antico albero piantato dall’uomo.

La snervante attesa dell’inizio della cerimonia viene ripagata. E’ un festa autentica, un’esplosione di suoni, colori, odori, luci, canti e balli, con un ritmo lento, studiato ad arte per far assaporare agli attori ed agli spettatori ogni momento, imperniato sulla sacralità della rappresentazione. Luci, fiori, fuochi, suoni di tamburo, danze rituali. Siamo gli unici bianchi che assistono alla cerimonia religiosa buddhista nel cuore della terra dei tamil, cerimonia che si chiude, però, con la vasta carrellata della moltitudine delle divinità hindu.

I templi. Una varietà infinita di templi induisti, molte chiese cristiane, e meno numerose le pagode buddhiste.

Scegliamo una vista approfondita del più importante e significativo, il Nallur Kandaswamy kovil (tempio in hindi). Il suo gopuram (la torre monumentale, tempestata dalle rappresentazioni delle divinità induiste, posta all’entrata dei templi, specialmente in India meridionale) si slancia altissimo nel cielo azzurro di questa calda giornata equatoriale.

Il tempio risale al 1734 e rappresenta, per la popolazione tamil, uno dei luoghi sacri più importanti dello Sri Lanka, è dedicato a Murugan, divinità hindu dai mille nomi, particolarmente venerate presso la città di Kataragama, altro importante logo sacro per tutte le religioni, che si trova nella zona meridionale dell’isola. Murogan o anche Karttikeya, Skanda, Subrahmanya, Velan, Kumara, Shanmukha, rappresenta è il dio della guerra, secondo la tradizione tamil è il figlio secondogenito di Shiva e Parvati e fratello di Gaṇesh, concepito per uccidere il demone Daitya.

Il Nallur Kandaswamy è tempestato di decorazioni luccicanti e dorate, tabernacoli che custodiscono le divinità, affreschi con rappresentazioni sacre legate alla religione hindu. Durante la nostra visita assistiamo alla puja, rituale in cui ad ogni tempietto che raffigura una divinità vengono tributate offerte e preghiere, tantissimi fedeli seguono i religiosi che presidiano il rito.

In città, lungo Hospital Rd. Per una passeggiata nella della zona del mercato, vero e autentico, popolato esclusivamente dai locali. Restiamo sorpresi dalla schietta autenticità, nessun occidentale, uno spaccato di vita genuina, di cui abbiamo sempre meno contatto, durante un viaggio.

In esplorazione, lungo il perimetro della penisola, all’estremità della laguna, punteggiata dalle isole non isole, con la sola esclusione di Neduntivu o Deft (nome affibbiato dagli olandesi dall’omonima cittadina dei Paesi Bassi), distante 10 km da un’altra isola, Punkudutivu.

Le isole formano lo stretto di Palk, l’area marina che separa la costa indiana dallo Sri Lanka. Le acque che circondano le isole sono poco profonde, con fondali sabbiosi, trami di barriera corallina e banchi di sabbia affioranti. Questa particolare area marina, in cui non possono navigare imbarcazioni di grossa stazza, è conosciuta anche come Ponte di Adamo. L’India si raggiunge da Mannar Island dal porto di Talaimannar, con una traversata di circa 18 miglia si sbarca a Dhanushkodi, situato sull’isola indiana di Rameswaram.

Lasciamo Jaffna temporaneamente, e ci dirigiamo verso nord ovest costeggiando la laguna, il paesaggio è struggente, vero, con villaggi di pescatori, reti alla posta per i gamberi, piantagioni di palme da zucchero. Andiamo verso Polonnai fino ad imboccare la strada sopraelevata che attraversa la laguna e che permette di raggiungere l’isola di Karainagar o Karaitivu. Sosta al tempio.

Al mercato di Jaffna, con molta enfasi ci hanno parlato di Casuarina Beach, nome derivato dalle molte piante di casuarina sul retro spiaggia. Il litorale è deserto, un po’ sporco e abbandonato, ma l’atmosfera è intensa e avvolgente, grazie anche alla lunga passeggiata che facciamo sul mare. Alcune barche in legno, rudimentali, stupende nella loro forte semplicità, conferiscono alla spiaggia il volto genuino e raccontano di un luogo vissuto e vero.

Torniamo sulla penisola e cerchiamo di percorrere la strada costiera, sosta ad un tempio presso Kankesanturai. Giunti in prossimità di Valvettithurai, luogo natale di Prabhakaran, leader delle Tigri Tamil, barbaramente ucciso dall’esercito governativo, ci dirigiamo verso Point Pedro, ma la strada è chiusa per motivi di sicurezza e presidiata dai militari. Torniamo quindi a Jaffna. Immersi nelle infinite evoluzioni delle zanzare, ci concediamo una sosta pasto presso il Green Gras, dalle molte pretese ma poco autentico.

Lungo la strada della penisola, ma in alcuni tratti anche sulle isole, collegata dalla laguna con passaggi stradali sopraelevati, si leggono ancora bene le tracce del conflitto, cruento, che ha opposto le due etnie. Case sventrare, edifici distrutti, templi rasi al suolo. Ora è finita, questa sporca e assurda guerra, le cui motivazioni affondano le radici nel lungo periodo della dominazione inglese e nelle incomprensioni e radicalizzazioni della cultura religiosa, come spesso succede nel mondo. Purtroppo il conflitto ha fatto molte vittime tra i civili, ha visto episodi di una violenza estrema da entrambe le parti, sono stati usati anche bambini per essere arruolati nelle file delle truppe delle Tigri e le forze governative non hanno esitato a servirsi di gruppi paramilitari.

Prima che cali la notte equatoriale, come sempre intorno alle 18.00, cerchiamo di raggiungere le altre isole via terra, partendo dal Forte di Jaffna in direzione Velanai. L’isola è chiamata Kayts, dal nome del villaggio situato sulla costa nord-orientale, molti templi hindu, molte chiese e tante case distrutte. Immersi completamente nell’ambiente della laguna e dei bassi fondali.

Da Velanai andiamo a Punkudutivu, altra isola, arriviamo ormai con le tenebre, dopo aver gustato i colori e l’atmosfera del tramonto. I villaggi sull’isola denotano una povertà estrema, la gente si sposta, la notte, con biciclette e motorini senza luce.

Singolare questo spaccato del paese, con la sua mescolanza straordinaria di religioni diverse, sfondo su cui si è innestato il conflitto armato, oggi una base apparentemente serena di convivenza civile. Il turismo, nel bene e nel male, straordinaria fonte di sostentamento, può essere il collante. Non solo templi hindu, alcune pagode buddhiste, ma anche tante chiese cristiane, pentecostali e avventiste. Difficile pensare questi paesaggi assolati, sereni, struggenti, con le lagune e le palme da zucchero, difficile immaginare questa gente presa tra la violenza cieca e vuota delle Tigri e i bombardamenti delle forze governative.

Non ci sono turisti in giro, nessun bianco, nessun occidentale, la gente sembra serena e felice che tutto sia finito.

E’ davvero pieno di fascino questo insolito paesaggio lagunare che affonda le sue radici nell’impetuoso oceano Indiano. Le acque calme, punteggiate dai cestelli dei pescatori di gamberi, immobili e silenti sembrano raccontare a fondo della spiritualità del luogo, al di là delle religioni e delle divisioni, e dei drammi che purtroppo questi luoghi hanno vissuto.

5 dicembre. Oggi lasciamo Jaffna, prima però ci concediamo una passeggiata all’interno e lungo le mura del forte. Imponente e molto esteso, affacciato sulla laguna, circondato da acqua, immerso in atmosfera delle mille e una notte.

Arriviamo ad Anuradhapura dopo 4 ore di viaggio. Ci fermiamo lungo la strada per il pranzo in un piccolo locale tamil, piacevolmente sorpresi dall’atmosfera autentica e dai sorrisi delle tre figlie del proprietario che servono ai tavoli.

Al nostro arrivo c’è ancora luce e decidiamo di visitare Sri Maha Bodhi, il sacro albero del buddha, il più antico al mondo. Il luogo è intensamente frequentato dai cingalesi che vengono qui in pellegrinaggio, moltissime famiglie, studenti, fortemente immersi nella spiritualità del luogo.

Poi andiamo al Isurumunya Vihara, suggestivo complesso religioso, situato vicino al lago Tissa Wewa (ampio bacino artificiale di 160 ettari). Il tempio risalente al regno di Devanampiya Tissa (II sec. a.C.), è inserito nelle formazioni rocciose dalla cui sommità si gode il panorama di Anuradhapura. Un curato giardino con una bella vasca ornata di ninfee rappresenta il benvenuto per la visita. E’ possibile vedere le splendide sculture risalenti al V sec. d.C. conservate nella piccola sala museale contigua al tempio. Quelle presenti in situ sono le più belle, gli amanti e gli elefanti, che si trovano nella loro ubicazione originaria.

Sfruttiamo le luci del tramonto per una passeggiata lungo il lago, i colori del crepuscolo ci regalano un momento magico e intenso.

Abbiamo telefonato per fissare la camera al London Palace, dove ci fermiamo anche a cena. Sistemazione comunque dignitosa, ma con poca passione.

6 dicembre. Visita di Anuradhapura, dopo la colazione al London Palace. Andiamo presso uno dei punti di accesso per fare il biglietto, 25$  a testa, come direbbe mamma, “un po’ troppetto!”

Iniziamo, immersi una giornata caldissima, tra i monumenti principali. La città antica è molto frequentata dalla popolazione locale, il luogo è sacro per la religione buddhista ed è meta di pellegrinaggio da ogni parte del paese, e da tutti i paesi buddhisti.

Iniziamo dal Ruwanwelisaya Dagoba, monumento sacro per molti buddhisti di tutto il mondo. Costruito nel 140 a.C. dal re Dutugemunu. Oggi si presenta completamente rinnovato dopo i ripetuti restauri grazie alla RuwanveliSeyaRestoration Society. Poco distante diamo uno sguardo ai resti del Brozen Palace, detto Lovamahapaya di cui restano solo le colonne che sostenevano il fabbricato.

Poi di seguito. Il Thuparama, nome che significa semplicemente Stupa, è il primo dagoba costruito nello Sri Lanka (III sec. a.C.)

L’Abbayagiri Dagoba, impressionante e maestoso come il Ruwanwelisaya, rappresenta uno dei luoghi di culto simbolo del buddhismo.

Ci limitiamo a vedere le portate forti e quindi la Pietra Luna, originale e più bella di tutto il paese, la vasca degli elefanti Eth Pokuna, le vasche gemelle Kuttam Pokuna, il Samadhi Buddha, una delle più suggestive immagini scolpite del Buddha, e per finire il Jetavanaramaya Dagoba.

9 dicembre. La sera, già avvolti dalle tenebre, prima di cena, andiamo a Rock Temple, così chiamato dai locali, come molti altri nel paese. Il Yatagala Raja Maha Viharaya è un complesso monastico, con annessa scuola per giovani monaci, poco conosciuto, a circa un paio di chilometri dalla strada principale (a 4 km. da Unawatuna). Ci accompagna il babbo di Tharanga. Tanti anni fa c’eravamo stati con Harschi ma anche quella volta era buio e non abbiamo apprezzato appieno il luogo. Ci torno da solo la mattina dopo, molto presto non c’è ancora nessuno e ne vale la pena.

10 dicembre. Si avvicina il momento della partenza. Galawatta ci regala ancora giorni di sole e di mare, con la sua veste suadente del reef e delle acque placide e tranquille. Immagini, suoni e colori di un’isola persa nella vastità dell’oceano.

E’ così repentina la luce del mattino, quanto al pomeriggio la corsa del sole verso ovest. Va giù perpendicolare, perfetto, veloce, come succede solo qui, all’equatore.  Alle sei, una volta giunte le tenebre, il caldo si placa, ma non si smette di sudare, solo che sembra inizi un altro giorno, un altro momento della giornata ancora lungo, la notte sarà molto lunga ed alle 6 tornerà puntuale la luce.

11 dicembre. Singapuru Kola, la pianta dalle larghe foglie, usata come insalata, raccolta dalla giovane sorella di Ishan. Bella, leggera e giovane attraversa il fangoso sentiero della risaia, sorridente e incurante dei drammi familiari in agguato ogni giorno. Basta solo un saluto, un semplice sguardo e ti regala un grande sorriso.

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