Isole, turismo, territorio e plastiche. Febbraio 2019
Il tema è la qualità dell’offerta di un territorio e se vogliamo del marketing territoriale che veicoli contenuti; i contenuti ci sono ma la cura e l’attenzione per l’offerta che un territorio riesce ad offrire in termine di accoglienza turistica è un punto debole. In aggiunta un territorio (ricco di natura e storia, riconosciuto come area Unesco e Parco Nazionale) che ha bisogno di essere gestito in maniera unitaria, con buon senso e con strumenti e scelte nuove, innovative, definirei olistiche, mostra i segni di un progressivo degrado culturale e strutturale, minato nella sua essenza dalla troppa frammentazione amministrativa e dal’incoerenza delle scelte che le sette diverse amministrazioni comunali assumono. Non sette ma un solo comune, prima di tutto.
In questi giorni molte amministrazioni si stanno confrontano con tema delle plastiche, un tema che è necessario affrontare a livello globale, ma che può essere governato da scelte consapevoli, sia in termini di informazione che di gestione.
Lodevoli i primi provvedimenti adottati da alcuni comuni insulari, ma non sono sufficienti e soprattutto si inseriscono nel paradigma culturale e strutturale che ha prodotto e sta producendo le plastiche.
In questo caso, come sicuramente in molti altri, è necessario cambiare paradigma.
Le amministrazioni locali continuano a emanare ordinanze plastic free. Tali provvedimenti rischiano di essere poco utili ma soprattutto risultano incoerenti rispetto al risultato che si vorrebbe ottenere e alle indicazioni della Direttiva UE sulle single use plastics.
Infatti, la direttiva Europea non distingue tra plastica e bioplastica (punto 11 pagina 10 e art. 3). il problema delle bioplastiche è che sono composte in parte da monomeri, che servono a legare la cellulosa. Sono quindi polimeri trasformati chimicamente. Mentre la direttiva ammette solo polimeri naturali, che non hanno subito trattamenti chimici. Inoltre, si tratta di manufatti usa e getta e l’ordinanza va contro l’usa e getta.
Al momento l’Italia sta facendo finta di niente e si punta, secondo l’aria che si respira, a far modificare il testo o almeno di interpretarlo all’italiana in modo da favorire l’industria chimica italiana, che è anche un segno di buona volontà. Il punto è che in altri paesi, l’industria chimica, sta studiando dei polimeri naturali e che noi invece ci attardiamo sul mater-bi.