Isola d’Elba. Galenzana. Un’isola nell’isola. Agosto 1996
Questo è il titolo della mostra organizzata dalle classi della Scuola Media Giusti di Marina di Campo a conclusione del lavoro di ricerca e di studio effettuato per buona parte dell’anno scolastico.
“Un isola nell’isola”, poichè Galenzana costituisce un’oasi di verde incontaminato, con una vegetazione mediterranea varia e ricca; infatti, grazie all’attaccamento che i campesi hanno sempre manifestato verso questo luogo, essa è stata finora salvaguardata e protetta, rendendosi possibile, così, lo sviluppo di più microsistemi, in cui sono presenti tante specie ed organismi diversi, anche molto rari.
A poca distanza dall’ abitato di Marina di Campo, facilmente raggiungibile attraverso sentieri o via mare, Galenzana costituisce un’attrattiva non solo per i turisti appassionati della natura, ma anche per studiosi di botanica e dell’ambiente marino. Per questa sua peculiarità, nonchè per l’attuale interesse nato attorno al dibattito sul futuro di questa area, la Scuola Media, da sempre sensibile alle problematiche ambientali, ha elaborato un progetto di analisi del territorio in con l’associazione “Elbaviva” e con persone che hanno frequentato questi luoghi per motivi di lavoro fin dagli anni ’20.
Pertanto, attraverso visite guidate, i ragazzi hanno potuto osservare la flora e la fauna dell’entroterra collinare e della fascia costiera nei suoi vari biotipi: a picco sul mare nel secondo Salandro, hanno incontrato una piccola lecceta nello stato di climax con degli esemplari non molto alti, ma resistenti alla siccità e alla salsedine portata dallo scirocco; poco distante, sui “saltini” degli ex coltivi e degli ex oliveti, è visibile una rigogliosa vegetazione spontanea, che ha recuperato gran parte del territorio, in conseguenza dell’ abbandono delle colture agricole, iniziato negli anni ’50; più in alto è presente la gariga, con esemplari ben sviluppati e fitti, ad indicare il graduale arricchimento di humus del suolo. Inoltre, lungo il sentiero che porta al fosso della Pellegrina, i ragazzi hanno visto la lecceta cedua, che in passato forniva legna per il riscaldamento e per la produzione di carbone, attualmente ricca del tipico sottobosco, costituito da rampicanti, pungitopo e da felce dolce.
Infine sulla costa sabbiosa, si è scoperto che sopravvive ancora una piccola duna, in cui sono presenti tante specie associate, come il lentisco, le tamerici, il ginepro sabino, il giglio pancrazio e l’ ammofila arenaria, capaci di consolidare le dune, grazie al loro apparato radicale; altre piante, ben adattate all’ ambiente salino, quali il finocchio marino, il limonio dell’Elba, l’euforbia paralias, ecc., crescono sul terrapieno del molo e della spiaggia, proprio perchè ancora poco disturbate dall’uomo.
Nel corso delle varie escursioni, avvenute nel periodo da febbraio a maggio, è stato interessante osservare il continuo mutare della vegetazione, in particolare lungo i sentieri, dove la fioritura delle diverse specie erbacee, come il lino bienne e quello marino, le sulle, il pisello selvatico e quello sativum, la centaurea gialla e le diverse orchidee, ne fa cambiare di volta in volta il colore dei margini.
Di questi vari ambienti sono state fatte riprese filmate e fotografiche, raccolta di campioni vegetali che sono stati poi essiccati, classificati, descritti e disegnati. Un valido apporto durante questa escursione è stato offerto dall’associazione Elbaviva, nelle persone di Renzo e Cristina.
Un’osservazione a sè è stata fatta sul mare della baia, sulla natura dei fondali e delle scogliere, sull’esposizione ai venti ed alle correnti e sugli organismi marini, aiutati in ciò da un’esperta in biologia marina. Questo golfo, protetto dai venti, è stato, per la sua posizione geografica, un approdo sicuro per le imbarcazioni fin da epoca romana e, proprio a tali sue caratteristiche, va forse attribuito il toponimo “Galenzana” dal latino “Cala sana”. Nelle sue acque limpide e trasparenti è stato possibile vedere la vasta prateria di posidonia e di cimodocea, frammiste alla caulerpa taxifolia, ben individuabile per il suo verde brillante, la quale, contro ogni previsione, si è integrata con gli elementi presistenti, senza alterarne l’equilibrio ambientale. Lungo la zona di marea i ragazzi hanno potuto osservare e fotografare varie specie di molluschi, crostacei e gasteropodi, come ad esempio i denti di cane, le granite, i pomodori di mare, i granchi, le lepadi, le ligie, le patelle ect.
Infine si è curata l’evoluzione storico-naturalistica del paesaggio, con la collaborazione di persone vissute in quei luoghi fin dagli anni ’20. Visitando ed esplorando il territorio, si è potuto verificare che qui la presenza umana nei tempi antichi fu minima e collegata, nel periodo etrusco-romano, essenzialmente alla lavorazione del ferro, come si può dedurre dalle numerose scorie ferrose rinvenute lungo il fosso della Pellegrina. Da allora pare che Galenzana per lungo tempo non sia stata frequentata, almeno fino al secolo scorso. Resta in effetti difficile stabilire una data precisa per mancanza di testimonianze certe; tuttavia si può presumere che le attività lavorative abbiano avuto inizio in questa epoca, dal momento che l’unica testimonianza sicuramente databile è la fornace detta del Nonnaccino risalente alla prima metà dell’800 e per questo considerata monumento di archeologia andustriale. Tale fornace, come quella più recente di Punta Bardella, era destinata alla lavorazione della calce, la cui pietra proveniva da Fonza.
Quindi, in base a testimonianze dirette ed indirette, raccolte dai ragazzi e dagli insegnanti, si è arrivati ad ipotizzare che solo verso la fine del secolo scorso si verificò una parziale modificazione di quest’area, in contaminanza con la nascita e lo sviluppo dell’abitato di Marina di Campo, tutto concentrato nella zona delle “scalinate”, ai piedi della torre di avvistamento costruita all’entrata del porto dagli Appiani. Gli abitanti, inizialmente legati alle attività marinare, si dedicarono in seguito alle attività agricole ed anche in Galenzana, come è dato vedere dalle immagini e dalle foto d’epoca reperite, furono introdotte da prima colture di grano e vite e solo più tardi quelle dell’ulivo, voluto dalla politica di sviluppo agricolo del governo fascista che regalava migliaia di piante. Gli alunni inoltre hanno potuto verificare, dai racconti dei contadini più anziani, che, chiusasi la parentesi tragica della seconda guerra mondiale, che coinvolse anche tutta Galenzana, a partire dagli anni ’50 il graduale incremento del turismo del campese provocò una drastica riduzione delle attività agricole.
Per questo Galenzana pian piano tornò ad essre quello che era sempre stata: un’ area di verde, ricca di vegetazione spontanea varia e diversificata; alberi di alto fusto, gariga, lecceta, macchia mediterranea si sono riappropriati del territorio, dove solo pochi suggestivi ruderi, muretti a secco, gradoni ed una minuscola cappella testimoniano l’ antica fatica dell’uomo. Gli alunni, alle attività di ricerca, hanno alternato momenti di gioco di tipo visivo, olfattivo e tattile: attraverso cui sono riusciti a stabilire un approccio emotivo e sensoriale con l’ambiente. Tutto questo lavoro è stato molto valido sul piano formativo ed educativo, sensibilizzando e motivando i ragazzi che, a contatto con l’ambiente e la natura, hanno appreso un nuovo modo di rapportarsi ad essa, con amore e rispetto maggiori.