Aree protette e caccia. Gennaio 1999
Più volte, specie in periodo di campagne elettorali e specie da parte della sinistra, si torna, pateticamente, sulla necessità di una sostanziale modifica della legge 394/91, onde consentire l’attività venatoria all’interno dei parchi.
Capiamo che i cacciatori, anche nel nostro arcipelago, rappresentano un buon serbatoio di voti (sono circa 800, moltiplicato per almeno tre componenti per famiglia), ma le motivazioni che vengono addotte a giustificare la richiesta di modifica alla legge sono davvero inconsistenti. Soprattutto considerando che le modifiche alla 394 sono già state approvate dal Parlamento italiano, dopo anni di confronti e audizioni delle commissioni parlamentari, e verranno pubblicate a giorni sulla Gazzetta Ufficiale.
Il divieto di caccia all’interno delle aree protette si basa su solide motivazioni scientifiche e i parchi vengono classificati tali quando si rispetta questo divieto ; diverso è il caso di specie animali che si trovano in condizioni di sovrappopolamento. In tal senso, come richiesto da più parti, non occorre assolutamente modificare la legge o ridurre i perimetri del Parco, per esercitare il prelievo venatorio tramite abbattimenti selettivi : si può già fare, come si sta facendo con buoni risultati all’Elba per il cinghiale. Si può fare ora e si potrà fare meglio con le aree contigue, dove sarà possibile, come dice la legge, esercitare l’attività venatoria da parte dei soli residenti, migliorando quindi, almeno per i cacciatori elbani l’attuale situazione. Quindi ora e in prospettiva le condizioni per risolvere situazioni di conflitto ci sono, basta solo un po’ di buon senso. La vuota demagogia non serve e non paga.