Urbanistica. Isola d’Elba. Luglio 1997
Nemmeno durante l’incidente nucleare nell’ex Unione Sovietica, o in occasione di una qualche catastrofe ambientale, si è parlato così spesso di ambiente, come in questo periodo. Se ne parla sui quotidiani, sulle riviste, in televisione; ogni intervento sui media ci racconta che “quella cosa” è in linea con la preservazione dell’ambiente, è ecologica, è verde.
Si è cominciato a capire, anche sulla nostra isola, che l’ambiente è il capitale che ci fa fruttare gli interessi, che ci pemette di sostenere la nostra economia: è la nostra risorsa principale. Ma, ci chiediamo, da questo ruolo assegnato all’ambiente, ne deriva una vera sensibilità, una presa di coscienza della limitatezza delle risorse naturali, del fragile equilibrio del patrimonio che la nostra isola ci offre?
Purtroppo, crediamo, si continua a considerare, al di fuori degli slogan propagandistici, l’ambiente come merce di scambio, a monetizzarlo. Prendiamo il caso dell’Elba: più di 200 alberghi, circa 12.000 seconde case, e, incredibile, si continua a costruire, in barba alle normative, aggirate con le dovute precauzioni e complicità, e grazie ai condoni recenti e passati. Tra prime case, che divengono presto seconde e che vengono messe sul mercato dell’affitto estivo (un vero affare per i “poveri senza-casa”), tra Peep e Pip, il settore dell’edilizia rappresenta un colossale affare.
Ma certo! Il mercato del mattone tira, rende più un condominio in multiproprietà che un albergo, e allora via con il cemento. Tutto questo proliferare di case e casettine aggrava una situazione che, già da diversi anni, è drammatica. La concentrazione delle presenze turistiche in estate ha un effetto dirompente sulle risorse: l’acqua non basta, e allora si costruiscono nuovi acquedotti, si trivellano nuovi pozzi; le strade non bastano, e se ne vogliono aprire, delle nuove; i parcheggi non sono sufficienti; la gente che prenota fra le 12.000 case in offerta (sempre in aumento) non trova posto sui traghetti, e allora nuove compagnie, navi sempre più grandi e veloci, sempre più corse straordinarie in diurna e in notturna, sempre più auto, confusione e caos. Altro che “isola verde”, o “angolo di paradiso”!
Basti pensare alla congestione delle nostre modeste strutture portuali. Il porto di Portoferraio non può sopportare un carico continuo di traffico come quello che si vede nei giorni di punta, e pensare a soluzioni di adeguamento o di spostamento del traffico non risolve il problema: che è quello di un uso sotenibile del prodotto “isola”, esistono dei limiti fisici, una capacità di carico della nostra isola che non può essere superata. Tutto questo a discapito della qualità della vita per i residenti e per i turisti. E’ il famoso “effetto Los Angeles”, una città evoluta, ormai solo per l’automobile, per un effetto perverso: sempre più auto, sempre più strade, che non basteranno mai per le auto che aumentano sempre.
E’ giunto il momento di fermarsi a riflettere sul nostro futuro. Si può salvare ancora molto e si possono recuperare e arrichire importanti pezzi del nostro territorio. E’ il momento che i nuovi sindaci dimostrino, al di là degli sterili slogan sull’autonomia dei loro comuni, messi in campo contro il “fantasma parco”, una vera sensibilità per la loro terra. La dimostrino nei nuovi strumenti urbanistici che si andranno ad approvare, nella depurazione delle acque, nella salvaguardia degli ambienti naturali, nella valorizzazione del patrimonio paesaggistico e storico, nella rivitalizzazione e del recupero dei centri storici.
Ed è necessario intervenire con azioni concrete sulla nostra isola, per la salvaguardia e la valorizzazione del nostro ambiente. Sono discutibili interventi propagandistici ad effettol, come ad esempio la creazione di un oasi faunistica nell’isoletta di Palmaiola, non perchè sia nel merito un operazione sbagliata, ma perchè sbagliato è il metodo.
Ma come, dopo tutto lo sforzo fatto dalle associazioni ambientalistiche a da altre organizzazioni, per far capire che il parco non deve rappresentare solo vincoli e divieti, che è stato superato il concetto di parco solo per le zone intatte ma parco significa “progetto di vita per la comunità che dentro ci vive”, si va a compiere un intervento proprio fuori dall’Elba, con la logica che lì “non si disturba nessuno”, e dove nessuno vede limtata la propria libertà di movimento?
Se il Parco deve rappresentare questo tipo di interventi allora meglio niente, allora sì che servirebbe solo per far prendere soldi a coloro che, senza scrupoli, hanno contribuito a distruggere il nostro ambiente, dopo tutto, “anche i soldi gli danno”, perchè rientrano in una area protetta, cioè Palmaiola.
Perchè oggi il panorama, anche se non si dovrebbe dire, non è certo confortante: depuratori che non funzionano come dovrebbero e quindi acque inquinate, quasi tutti i corsi d’acqua raddrizzati e cementificati, tantochè rischia di scomparire qualsiasi forma di vita in essi presente, i nostri boschi sono enormi discariche in cui si occultano tutti i tipi di rifiuti, le nostre spiagge sono spesso sporche, e la loro sabbia spesso inquinata, l’entroterra è attraversato da sentieri ormai ostaggio dei mezzi fuoristrada (e non certo degli amanti della natura come spesso si pubblicizza) che li distruggono ad ogni passaggio.
Al di là delle trovate pubblicitarie ad effetto che fanno leva sui media, abbiamo bisogno dei comportamenti consguenti agli slogan “ambientalisti”, per dimostrare davvero il cambiamento, e una nuova sensibilità che non deve essere solo di facciata per appagare la smania di protagonismo di chi conduce certe operazioni discutibili nel nome dell’ambiente.