Pedrag Matvejevic, isole, arcipelaghi, miti. Novembre 2009
“….Le isole sono posti particolari. Si differenziano sotto molti aspetti: la distanza dalla costa più vicina, le caratteristiche del canale che appunto da essa le separa, se ad esempio può essere percorso a remi o no: li si vede meglio che altrove in che misura il mare effettivamente unisca o quanto divida. Si diversificano anche dall’immagine e per l’impressione che suscitano: ci sono isole che sembrano navigare o affondare, altre che paiono ancorate o pietrificate e sono davvero soltanto resti del continente, staccate e incompiute, separatesi a tempo debito e alle volte diventate indipendenti, più o meno bastanti a se stesse. Alcune si trovano in stato di grandissimo disfacimento e disordine, su altre invece ogni cosa è al suo posto così che sembra possibile stabilirvi un ordine ideale. Alle isole vengono attribuiti connotati e disposzioni umane e così diventano solitarie, silenziose, assetate, nude, deserte, sconosciute, incantate, talvolta fortunate o beate. … Le isole diventano sovente luoghi di raccoglimento o quiete, pentimento o espiazione, esilio o incarceramento: donde la presenza di tanti monasteri, prigioni, istituzioni che portano alle estreme conseguenze la condizione e il destino insulare… Gli abitanti delle isole sono meno spensierati della gente della terraferma proprio per il fatto di essere separati. Per loro la terraferma è solo l’altra parte del canale. La loro lingua è diversa da quella della pur vicina costa più di quanto non possa motivarlo l’effettiva distanza fra di loro: questo distacco probabilmente influisce anche sui rapporti col mondo e crea qua e là personalità singolari e strane. Ci sono isole dove si parlano più lingue… Ciò nonostante gli abitanti delle isole accettano più facilmente i nuovi arrivi di quanto facciano gli altri, forse anche per il fatto, che quando attraversano il braccio di mare che divide l’isola d terra, anche loro diventano i nuovi arrivati… Guardano la futuro come una ripetizione del passato, della sua parte migliore…”
Pedrag Matvejevic . Mediterraneo. I traffici dei mercanti, le migrazioni delle anguille, fughe, di popoli e nascita di dee, leggende, architettura, storia, paesaggi
Arcipelaghi
Arcipelago del golfo della Spezia, formato dall’isola Palmaria, dal Tino e dal Tinetto
Arcipelago Toscano, formato dall’isola d’Elba, la più estesa ed importante del gruppo dalle cui viscere si è estratto per secoli il ferro. A nord dell’isola d’Elba sorgono Capraia e Gorgona, a sud Pianosa, Montecristo, Giannutri e l’isola del Giglio. Isolotti minori sono l’Cerboli e Palmaiola al largo delle coste elbane, l’Isolotto dello Sparviero presso Punta Ala, le Formiche di Grosseto, la Formica di Burano, la Formica di Montecristo (o Scoglio d’Affrica) ed alcuni isolotti al largo della costa dell’Argentario tra cui l’Argentarola, l’Isola Rossa e l’Isolotto, oltre alle Secche della Meloria e alle Secche di Vada.
Le isole Flegree (Ischia e Procida) più Capri, nel golfo di Napoli (a volte accomunate nell’arcipelago Campano); Ponza, Palmarola, Zannone e Ventotene (dette isole Ponziane) nel golfo di Gaeta.
Arcipelago delle Eolie o Lipari, che comprende Salina, Lipari, la più estesa del gruppo, Vulcano, un vulcano ormai quasi spento; Panarea e poi Stromboli, un cono eruttivo tuttora in attività che fu chiamato Stronghilo dagli antichi greci (da cui, Stromboli), proprio per la sua forma conica di una trottola rovesciata sul mare; a queste si devono aggiungere ancora Filicudi ed Alicudi
Arcipelago delle Egadi, cioè le isole di Favignana, Marettimo, Levanzo e Stagnone, che sorgono tra Marsala e Trapani, a ovest della Sicilia
Arcipelago delle Pelagie, comprendente Linosa, Lampione e Lampedusa (le ultime due tuttavia sono da considerarsi al di fuori della regione geografica italiana.
In Sicilia troviamo ancora Ustica al largo del golfo di Palermo e Pantelleria nel bel mezzo del Canale di Sicilia
Il gruppo delle Isole Tremiti, l’isola di Pianosa e l’arcipelago di Pelagosa che sorgono nel Mar Adriatico
A nord della Sardegna l’Asinara e l’arcipelago de La Maddalena, a sud San Pietro e Sant’Antioco.
Le Isole Cheradi di San Pietro e San Paolo nel golfo di Taranto.
Le toscane. L’Isola d’Elba è per dimensioni la terza isola italiana e la maggiore dell’Arcipelago Toscano con una superficie di 223,5 kmq e 147 km di coste. La sua lunghezza massima in direzione est-ovest è di circa 27 km mentre l’ampiezza in direzione Nord-Sud è circa 18 km. Situata a circa 10 km a sud ovest dalla propaggine continentale della penisola piombinese, la sua posizione risulta abbastanza centrale nel contesto dell’intero Arcipelago che forma un vasto arco di fronte alle coste toscane. Per inquadrare meglio la posizione geografica ricordiamo che la Corsica dista circa una cinquantina di chilometri ad Ovest, Gorgona una settantina di km a NNE, Capraia circa 40 a NW, Pianosa a SSW circa 14, Montecristo a Sud a circa 45 km, il Giglio 52 km a SE.
L’isola presenta una forma vagamente triangolare, ma estremamente articolata a causa della linea costiera caratterizzata da numerosi golfi e promontori che frastagliano il perimetro isolano lungo ben 147 km. Il territorio elbano è prevalentemente montuoso e collinare: la vetta insulare è situata nel granitico massiccio occidentale che culmina nel Monte Capanne alto ben 1019 metri sul livello del mare, ma anche il settore centrale (Monte Orello 385 m s.l.m.) ed orientale (Cima del Monte 516 m s.l.m.) risultano movimentati dal punto di vista orografico. Ne deriva che poche siano le aree pianeggianti situate per lo più in prossimità delle più ampie baie. Il paesaggio isolano risulta estremamente ricco e diversificato a causa della diversa conformazione fisica che influisce sulla presenza di numerosi microclima locali e, di conseguenza, su una grande varietà floristica. Ricco è inoltre il quadro geomineralogico elbano, che presenta una vasta gamma di rocce e minerali, testimonianza di una serie di complessi eventi geologici che hanno portato alla formazione dell’isola. Per quanto riguarda la fauna, per una serie di ragioni quali le maggiori dimensioni, varietà di habitat e vicinanza al continente, l’Elba è l’isola più ricca di tutto l’arcipelago. Dal punto di vista amministrativo l’Elba risulta la parte più meridionale della provincia di Livorno ed è divisa in otto comuni (Campo nell’Elba, Capoliveri, Marciana, Marciana Marina, Porto Azzurro, Portoferraio, Rio Marina, Rio nell’Elba). Abitanti: 30.122 al 31.12.2000 di cui di cui 1/5 vive nei centri abitati così distribuiti: 11.935 nel comune di Portoferraio, 4.362 in quello di Campo nell’Elba, 3.383 Porto Azzurro; 3.059 Capoliveri; 2.273 Rio Marina; 2.271 Marciana; 1.894 Marciana Marina; 945 Rio nell’Elba.
Capraia ha una superficie di 19,3 kmq risultando per estensione la terza isola dell’arcipelago. E’ fra le realtà insulari più marittime, essendo situata a ben 54 km dalla costa continentale ad Est, mentre la Corsica dista circa 31 km ad Ovest. A NN-E si trova Gorgona a circa 40 km ed alla stessa distanza a Sud è situata l’Elba. Presenta una forma allungata simile a quella del Giglio ma leggermente più piccola: il territorio insulare è montuoso e collinare caratterizzato da una dorsale di rilievi, culminante nel Monte Castello a 445 metri slm, coincidente con il maggiore asse isolano. Capraia è l’unica isola vulcanica dell’Arcipelago formatasi sui flutti circa nove milioni di anni fa con la nascita di un cono eruttivo successivamente fratturatosi con lo sprofondamento della parte occidentale, per cui oggi permane solo una scheggia della più antica struttura magmatica.. Quasi contemporaneamente al remoto cataclisma avvenne lo sviluppo di un più piccolo camino vulcanico presso l’odierna Punta della Zenobito, dove le suggestive rocce rosse che circondano la penisola rappresentano il susseguirsi delle antiche eruzioni. La copertura vegetale dell’Isola è rappresentata da una macchia mediterranea medio-bassa, con alcuni piccole estensioni di lecceta. Interessante è la presenza di alcuni preziosi endemismi e specie tipiche del gruppo sardo-corso. La fauna terrestre è rappresentata da specie di piccole dimensioni, eccezion fatta per il muflone introdotto recentemente. Di grande rilevanza per gli appassionati è l’avifauna, stanziale e migratoria, con numerose specie di uccelli marini. Capraia Isola è un Comune autonomo in Provincia di Livorno con una popolazione di circa trecento abitanti. Due sono i nuclei abitati che insistono presso la più vasta insenatura isolana: il porto, semplice e graziosa frazione marinara che si rispecchia nelle limpide acque capraiesi, ed il paese suggestivo borgo costituito dalle tipiche case-fortezza e collegato dal principale asse stradale di poco più di 800 metri.
Giannutri. E’ la più meridionale delle isole di Toscana essendo situata a 18 km a S-SO da Porto Ercole, lungo la costa meridionale del Monte Argentario, e a 14 km a SE dell’Isola del Giglio. Risulta la penultima isola per estensione territoriale con una superficie di 2,6 kmq: Giannutri presenta una particolare forma a mezzaluna, simbolo legato alla divinità della caccia, che ispirò le antiche civiltà mediterranee che la chiamarono prima Artemisia poi Dianum. La sua lunghezza massima da Nord a Sud è di circa 2,5 km mentre la larghezza massima è appena 500 m. Due sono gli approdi situati in prossimità delle principali insenatura dell’isola: Cala Spalmatoio, sul versante orientale dell’isola, esposta a Sud-Est, riparata dai venti occidentali e settentrionali e Cala Maestra , dalla parte opposta, esposta a Nord Ovest . Il territorio isolano presenta una natura selvatica e rocciosa, caratterizzata da calcari cavernosi, antiche rocce sedimentarie vecchie di 200 milioni di anni, addolcite però dalla macchia mediterranea che copre col suo verde manto i colli rocciosi e le asperità. Tre sono i rilievi principali, di modeste altitudine: a Nord è il Poggio del Cannone 68 m slm, al centro è Monte Mario 78 m slm e a Sud è il Poggio del Capel Rosso 88 m slm. La flora è caratterizzata da alberi e arbusti mediterranei quali pini d’Aleppo, ginepri, lentischi e moltissime euforbie arboree. Per quanto riguarda la fauna non si segnalano grandi presenze: vi si ritrova una piccola colonia di conigli selvatici, piccoli rettili, oltre al più vistoso biacco. Per l’avifauna vi sono rapaci, silvie di macchia, uccelli marini rappresentati per lo più da un’imponente popolazione di gabbiani reali. Molto ricco è l’ambiente marino che è meta di numerosi sub, richiamati dall’abbondanza faunistica. A Giannutri non esistono nuclei abitati ma solo insediamenti sparsi rappresentati per lo più da residenze turistiche e seconde case frequentate per lo più nel periodo estivo.
Giglio. E’ la seconda isola, dopo, l’Elba in ordine di grandezza nell’Arcipelago, con una superficie di 21,2 kmq. Tra le più meridionali delle isole di Toscana, l’isola del Giglio si trova a circa 15 km ad Ovest del Monte Argentario, a 14 km dall’ isola di Giannutri e a 43 km da Montecristo. Presenta una forma allungata, con l’asse maggiore con direzione NNO – SSE lungo circa 9 km e l’asse minore di circa 4 km. Lungo la maggiore direttrice si trova anche la dorsale dei rilievi isolani, una piccola catena di rilievi che culmina con il Poggio della Pagana a 496 metri sul livello del mare. La natura delle rocce è prevalentemente granitica a causa di un plutone magmatico originatosi circa cinque milioni di anni fa, mentre un frammento con ben più antiche rocce sedimentarie e metamorfiche coincide col promontorio del Franco sul versante occidentale, nei cui pressi si trovano alcuni giacimenti di minerali ferriferi in passato oggetto di una piccola attività estrattiva. La flora isolana è rappresentata dalla tipica vegetazione mediterranea con ampie estensioni di macchia che va ricoprendo gli antichi terrazzamenti vignati ed alcuni boschi a leccio situati prevalentemente sui versanti settentrionali. Per quanto riguarda la fauna terrestre non vi sono vistose presenze: sono presenti piccoli roditori, il coniglio selvatico ed il muflone, introdotto recentemente. Da segnalare la presenza del Discoglosso sardo, timido e raro anfibio appartenente al gruppo Sardo- Corso. Più ricca è l’avifauna rappresentata da numerose specie stanziali e migratrici. L’isola del Giglio è inclusa nella provincia di Grosseto e costituisce comune a se, con una popolazione di circa 1400 abitanti distribuita nei piccoli centri di Giglio Castello, l’abitato più antico e capoluogo, Giglio Porto, l’approdo isolano, e nella frazione di Campese, presso la più vasta insenatura e spiaggia isolana.
Gorgona. La più settentrionale (43°25’37” lat. Nord) e la più piccola isola dell’Arcipelago (2,23 kmq) dista circa 37 km da Livorno, circa 40 da Capraia e 60 dalla Corsica; ha uno sviluppo costiero di poco più di 5 km ed un’altezza massima di 255 m slm raggiunti nella vetta isolana di Punta Gorgona. Il suo territorio è montuoso, con il versante occidentale più scosceso e quello orientale più dolce attraversato da tre piccole vallate: la più settentrionale di queste scende al mare presso la piccola spiaggia, l’approdo denominato Scalo di Gorgona ed il Villaggio. Dal punto di vista geologico l’isola è caratterizzata principalmente da antichi calcari, gneiss e micascisti e rocce ofiolitiche. L’isola è abbastanza ricca d’acqua e vi si insedia una ricca vegetazione mediterranea caratterizzata da alcune leccete ed estesi boschi di pino d’Aleppo, che creano un suggestivo mantello verde che contrasta con il blu intenso del mare. L’isola è meta di numerosi piccoli uccelli migratori svernanti provenienti dal nord Europa ed è luogo di sosta e di riposo dei migratori che in primavera e a fine estate transitano sul mediterraneo. La fauna terrestre è rappresentata da piccole presenze mentre assai ricco è il mare che circonda l’isola. Gorgona, inclusa nel territorio del comune di Livorno, attualmente popolata da circa 300 persone, è sede dal 1869 di una colona penale agricola.
Montecristo, con una superficie di 10,4 kmq e uno sviluppo costiero di 16 km, risulta fra le più meridionali isole dell’Arcipelago Toscano, costituendo la porzione più meridionale della provincia di Livorno a cui appartiene, essendo annessa al territorio comunale di Portoferraio. Montecristo dista circa 63 km dalle coste dell’Argentario posto ad Est, circa 45 km dalle coste dell’Elba meridionale situata a Nord , 43 dal Giglio (Est) e 27 km da Pianosa (NN-O). Dalla pianta pressoché circolare, frastagliata da alcune insenature che insistono in prossimità delle principali vallate, Montecristo è un cono granitico che s’innalza fino 645 metri sul livello del mare culminando nel Monte della Fortezza, con una piccola cresta d’alture che prosegue verso sud fino alla Cima dei Lecci a 563 metri. Il paesaggio è caratterizzato dai grandi liscioni granitici che scendono ripidamente al mare, con poca vegetazione ed alcune vallate scavate dalla millenaria azione di piccoli corsi d’acqua dal regime stagionale. Dal punto di vista geologico l’isola è costituita quasi interamente da un plutone granitico originatosi tra i sette e i cinque milioni di anni fa. La copertura vegetale è rappresentata da una bassa macchia mediterranea formata prevalentemente da eriche, rosmarini e cisti con poche piante di leccio concentrate presso l’omonima cima. Per quanto riguarda la fauna la presenza più vistosa è la capra di Montecristo, importata forse da antichi navigatori, e tuttora abbondantemente diffusa. Per quanto riguarda gli anfibi si segnala il raro discoglosso sardo e per i rettili, oltre al più comune biacco è presente anche la vipera, che la leggenda vuole importata dagli antichi cartaginesi. Sede fino al XVI secolo da una fiorente comunità monastica. l’isola è oggi quasi disabitata. Riserva Naturale Integrale con decreto ministeriale del 4 marzo 1971 e Riserva Naturale Biogenetica diplomata dal consiglio d’Europa dal 1988. L’odierna popolazione consiste nella famiglia del guardiano e da due agenti del Corpo Forestale dello Stato, i cui alloggi sono situati nei pressi della Villa Reale di Cala Maestra, unico approdo di Montecristo.
Pianosa è la più bassa isola dell’arcipelago, praticamente un pianoro alto al massimo 29 metri sul livello del mare, situata a 14 km a S-SO dalle coste dell’Isola d’Elba e a circa 27 km a S-SE dalla più meridionale isola di Montecristo. Dalla pianta singolare che la fa assomigliare ad una cotoletta con l’osso l’isola presenta una superficie di 10,25 kmq ed un’estensione costiera di 26 km ed è inserita nel territorio del Comune di Campo nell’Elba. Seppur poco elevata sui flutti presenta coste rocciose con presenza di falesie, specialmente nel versante occidentale e pochissime spiagge. Le sue rocce sono di origine sedimentaria, con uno strato inferiore argilloso risalente al Miocene e da strati di calcari organogeni del Pliocene ricchissimi di fossili marini, testimonianza della sedimentazione avvenuta su un antico fondale. La vegetazione che ricopre Pianosa è una tipica macchia mediterranea con predominanza delle specie amanti dei suoli calcarei.: vi abbondano il lentisco, il rosmarino, il ginepro fenicio, i cisti, gli olivastri e lo spazzaforno, raro arbusto amante dei terreni poveri e rocciosi. Abbondano i pini d’Aleppo introdotti con rimboschimenti del XX secolo. Fino al 1997 buona parte del suolo pianosino è stato impiegato per fini agricoli dalla colonia penale istituita a Pianosa a partire della seconda metà dell’Ottocento: dopo l’interruzione dell’attività agraria la flora spontanea sta progressivamente ricolonizzando quei territori. La fauna pianosina è rappresenta da piccoli mammiferi quali roditori, ricci di macchia e lepri selvatiche. Abbondante è l’avifauna stanziale e migratrice. A Pianosa abbondano i fagiani e la pernice rossa. Lungo le coste nidificano le berte ed il gabbiano corso. Dalla dismissione del carcere avvenuta nel 1997 l’isola è quasi disabitata: le vecchie diramazioni carcerarie sono oggi vuote ed anche il piccolo nucleo urbano posto sul versante orientale di Pianosa è privo di abitanti: vi rimane un piccolo presidio della polizia penitenziaria e del corpo forestale dello stato. Il mare pianosino è particolarmente abbondante di fauna ittica: le acque, un tempo protette indirettamente dal severo controllo esercitato dalla polizia penitenziaria intorno all’isola, sono oggi tutelate per il loro valore ambientale e la loro ricchezza faunistica.
Il mito. la nascita dell’arcipelago toscano.
La leggenda vuole che le isole dell’Arcipelago Toscano, siano nate dalle acque quando da Afrodite, la dea greca della bellezza e dell’amore (in seguito identificata con la Venere romana). La dea sarebbe nata, come narra Esiodo (in contrapposizione a quanto invece sostiene Omero) dalla schiuma (afros) del mare, emergendone già donna. Ed è per ciò che era anche chiamata Anadyomene, ossia, colei che esce dal mare. Nella foga di raggiungere la riva (dove l’attendeva Eros) il monile che portava si ruppe, e le gemme che lo componevano caddero in mare, ma, anziché sprofondare negli abissi, si fermarono sulla superficie formando quelle isole che ora si identificano con i nomi di Gorgona, Capraia, Pianosa, Montecristo, Giglio, Giannutri. Gemme tutte che contornano quella più grande: Elba. Per Omero la faccenda si sarebbe invece svolta ben diversamente: la suddetta dea era una signora gentile, disponibile, distratta, che una mattina, appena sveglia, chiamata d’urgenza dal padre Zeus, tentò di allacciarsi, con le mani ancora intorpidite dal sonno, la preziosa collana che le aveva regalato Adone (uno dei suoi tanti amori). Ma questa le scivolò dalle dita, cadde dall’Olimpo e, chissà come mai, precipitò alcune centinaia di chilometri lontano dalla Grecia: proprio nel tratto di mare che sta di fronte alla costa toscana, tra Livorno e l’Argentario. Era il tempo di avvenimenti strabilianti: le sette grosse perle si trasformarono all’istante in altrettante isole: quelle che ora formano l’Arcipelago Toscano. La mitologia classica narra anche le fantastiche avventure in cui furono coinvolti gli Argonauti quando Giasone, assieme a 56 uomini, si mise alla ricerca del Vello d’Oro: il vello dell’Ariete Alato. Gli Argonauti, a bordo di una nave costruita da Argo (con l’aiuto di Atena), superando infinite peripezie, sembra siano giunti nel Tirreno attraverso il Po ed il Rodano approdando proprio sulla spiaggia delle Ghiaie, vicino a Portoferraio (così assicura lo storico Apollonio Rodio nel III secolo a.c.).
Gli argonauti. Navigazione … La navigazione degli Argonauti li porta fino in Adriatico, dove Zeus li punisce dell’omicidio, facendo loro smarrire la rotta. La prua rivela allora che, per ottenere il favore del Dio, dovranno purificarsi presso la Maga Circe. La nave pertanto risale l’Eridano (il fiume Po) e, attraverso il Rodano, raggiunge la Liguria e poi la Sardegna e infine il Monte Circeo, dove la Maga purifica Giasone, ma rifiuta la propria ospitalità. Gli eroi riprendono la navigazione, scampano alle Sirene grazie al canto ancor più melodioso di Orfeo, attraversano Scilla e Cariddi, raggiungono le “isole erranti” sulle quali si innalza una nuvola di fumo nero – certamente le Lipari – e finalmente giungono a Corcira, l’odierna Corfù, abitata dai Feaci di cui è re Alcinoo. Qui vengono raggiunti dai loro inseguitori che ingiungono ad Alcinoo di consegnar loro Medea; il re però dice che ella è ormai la sposa di Giasone e quindi deve restare con lui. Riprendono il mare verso la Sirte e poi dirigono verso Creta, protetta dal bronzeo gigante Talo, che Zeus aveva donato ad Europa affinché impedisse a chiunque di approdare. Tuttavia il gigante ha il suo punto debole in una vena posta alla caviglia, sede della vita, e Medea riesce con i suoi sortilegi a far sì che le vena si rompa e Talo muoia. Riprendono il mare ma vengono colti da un’oscurità profonda dalla quale li salva Apollo, implorato da Giasone, che scaglia un dardo infocato e illumina la rotta verso un’isola, dove gli Argonauti erigono un tempio ad Apollo il Radioso. Finalmente raggiungono l’isola di Egina e di lì a poco approdano a Iolco, dopo un viaggio di quattro mesi. Giasone porta la nave a Corinto e la consacra a Poseidone come una sorta di ex-voto, e poi – consegnato il vello a Pelia – ottiene il regno. Secondo una diversa versione, poiché Pelia aveva indotto Esone – il padre di Giasone – al suicidio, quest’ultimo lo vendica per mano di Medea che, con i suoi incantesimi, induce le figlie stesse di Pelia ad ucciderlo. A seguito di questo omicidio, i due devono fuggire da Iolco, per rifugiarsi a Corinto dove vivono felici per parecchi anni. Ma poi Giasone ripudia Medea per unirsi a Creusa, figlia del re Creonte, e Medea si vendica regalando alla nuova sposa una veste nuziale che le diffonde nelle vene un fuoco magico, che si propaga all’intero palazzo reale e ai suoi abitanti. Uccide poi i figli avuti da Giasone e fugge in cielo su un carro luminoso, dono del Sole.