Isole. Arcipelago Toscano, maggio 1997
Il Parco dell’Arcipelago. Tante le tappe di una lunga vicenda iniziata quasi 10 anni fa che tra ritardi burocratici e colpevoli atteggiamenti dei nostri politici non ha ancora preso la giusta strada.
Per le isole toscane il Parco può rappresentare un’occasione di riconversione economica e di gestione territoriale sostenbile. Basta non perderla. Oggi esiste in embrione l’Ente di Gestione, esiste sicuramente un Presidente. E’ opportuno cominciare subito a lavorare e ad attivare tutti i meccanismi che consentano di far sentire i benefici che un’area protetta oggi può produrre sulla realtà insulare.
Purtroppo in confini di questo Parco sono parziali, le isole antropizzate: Elba, Giglio, Capraia (chi più chi meno) sono state smembrate e lacerate con perimetrazioni assurde frutto di compromessi politici e clientelari e nell’intento, non riuscito, di tranquillizzare i cacciatori.
Putroppo perchè le risorse finanziarie e gli effetti dell’area protetta possono ricadere ovviamente entro i suoi confini. In più in questo modo si potrebbe creare una situazione in cui quel territorio che è dentro il Parco è protetto e in quello che rimane fuori ognuno può fare ciò che vuole.
Delle sette isole toscane (Elba, Giglio, Capraia, Pianosa, Montecristo, Giannutri e Gorgona), due sono ancora sede di carceri (Pianosa e Gorgona, anche se sembra immenente lo smantellamento del carcere a Pianosa). Con esclusione di Elba, Giglio e Capraia, le altre sono state inserite per intero (con i relativi tratti di mare antistanti) nel perimetro del Parco Nazionale dell’Arcipelago. Il nuovo Presidente e il Consiglio Direttivo, sono chiamati ad un difficile compito: gestire gli squilibri territoriali e le situazioni di attrito che si sono creati e si produrranno nelle isole abitate, e programmare un futuro sostenbile per le altre, quelle disabitate, tra le quali può essere emblematico l’esempio di Pianosa. Dalla metà dell’800 destinata a carcere, devastata e distrutta a terra dalla presenza dell’uomo “recluso”, presenta ancora un patrimnio incredibile di storia e di cultura, ancora tutto da esplorare e studiare, ma soprattutto, come Montecristo (riserva naturale integrale dal 1970), ci potrà far vedere incredibilmente il Mare Nostrum di qualche secolo fa.
L’urbanistica. Ovviamente parliamo delle isole abitate. Il caso emblematico è quello dell’Elba. Solo 223 kmq però suddivisi in ben otto ammnistrazioni comunali. Per 30.000 abitanti 186 amministratori. Ma quello che è più grave 8 diversi strumenti urbanistici assolutamente non legati tra loro. Non esite una programmazione comprensoriale degli interventi sul territorio. Le varianti ai piani di fabbricazioni e (solo per lacuni comuni) i nuovi Piani Regolatori, prevedono migliaia di metri cubi di nuove costruzioni, prime e seconde case, strutture residenziali e ricettive, questo senza mettere nel conto del cemento i reiterati condoni edilizi che su quest’isola hanno prodotto un assalto al territorio. Tutto forse in barba al Parco.
Anche qui un caso emblematico. Comune di Porto Azzurro.
Nel 1991 il Consiglio Comunale adotta una variante al piano di fabbricazione per 710.770 nuovi metri cubi di cui 647.000 residenziali. La Regione propone una riduzione: il nuovo piano prevede 400.144 nuovi metri cubi di cui 270.000 residenzialie turistico-ricettivi.
La Regione stralcia nuovamente la previsione riducendo di circa 112.000 mc la variante.Su 298.000 nuovi mc oltre 200.000 sono residenziali e turistico-ricettivi. Se ogni comune adotterà le previsioni urbanistiche come Porto Azzurro avremo una colata di cemento sull’isola di circa 1.600.000 metri cubi. Altro che Parco Nazionale.
Marino Garfagnoli, WWF Arcipelago Toscano