Udawalawe National Park, Uva Province. 1 dicembre 2018.
Puntualissimo l’autista della jeep che ci condurrà a visitare il parco arriva al nostro rifugio presso il Kalu’s Hideway. Lavora con Nishanta che, come moltissimi altri cerca di mantenere il suo bussiness con i safari organizzati all’interno del Parco. Lui è giovane e gentile, molto scrupoloso e premuroso, non è una guida ma ha molta esperienza e ci fa trovare nel posto giusto al momento giusto. Si è portato dietro una guida tascabile sugli uccelli dello Sri Lanka che alla bisogna sfodera e ci fa consultare con entusiasmo. E’ un attento osservatore e molte volte si ferma per farci ammirare camaleonti e gechi immobili al sole e quasi invisibili ai nostri occhi disattenti.
Il Parco Udawalawe (309 kmq) si trova in una posizione molto felice. Tra la Singaraja Forest, a ovest, ultimo lembo integro di foresta pluviale del paese e i due parchi a est, il Lunugamvehera National Park e il Grande Yala National Park, e, per completare a nord si trova tutta l’estesa zona montuosa centrale con l’altro parco Horton Plains. Posizione felice perché riceve tutta l’acqua che serve per mantenere la grande varietà di animali che lo popolano. E molto meno conosciuto di Yala e molto meno frequentato, fortunatamente, ma è molto più facile avvistare la fauna presente. Il centro visite e l’ingresso sono molto minamal, ma chi lo vuole può tranquillamente soffermarsi sui pannelli in prossimità della biglietteria, molte informazioni le danno, anche se non sono considerati dai flussi turistici che visitano l’area. Il safari va di moda, sia per chi lo compra che per chi lo vende. Il parco comunque merita. Ampi specchi d’acqua e grandi laghi frequentati da pellicani e tucani. E sicuramente è possibile avvistare senza molto sforzo due dei big five, l’elefante e il bisonte.
Prima di arrivare all’ingresso, lungo la strada in prossimità del grande e romantico bacino artificiale vediamo un elefante conficcato nel fango ed immobile, pensiamo ad un piccolo rimasto fuori dal gruppo e poi finito nel fango. Ma siamo un po’ ingenui e poco informati. Curiosando su FB Tharanga scopre che è stato ucciso da un bracconiere con un fucilata alla testa e non era conficcato bensì le gambe avevano ceduto ed era semplicemente sostenuto in piedi dalla zona paludosa. Al nostro rientro il personale del parco lo aveva tirato fuori e lo stava esaminando per capire la dinamica dell’uccisione.
Entriamo e siamo subito fortunati, in prossimità di una bella pozza d’acqua arrivano una decina di pachidermi a mettersi del fango lungo il dorso ed a rinfrescarsi. E’ davvero uno spettacolo emozionante e suggestivo, placidi e tranquilli nonostante le molte jeep che cercano il loro spazio, maestosi svolgono le loro semplici funzioni per proteggersi dal caldo.
Continuiamo il nostro giro, più o meno durerà 4 ore. Avvistiamo diversi esemplari di aquile, alcuni uccelli endemici, bisonti, molti tucani e pellicani e tanti elefanti spesso in gruppo, alcuni isolati. E’ presente anche il leopardo e il sambar, ma è più difficile di avvistarli rispetto a Willpattu. Viviamo anche il nostro momenti di paura.
L’elefante asiatico (insieme a quello africano ) è uno degli animali più grandi del pianeta, può pesare più di 1 tonnellata. E’ molto intelligente, il suo cervello pesa fino a 5 kg. E’ un animale molto sociale e vive in branchi. Spesso avvistiamo esemplari isolati, Tharanga ci dice che può succedere che all’interno del gruppo qualcuno si comporti male, e allora per un periodo viene allontanato. “Allora lui rabbia!”. Si ritrova in una condizione di sofferenza e reagisce, spesso con rabbia. Ecco che dietro un curva avvistiamo un esemplare isolato, di fronte a noi, sulla strada, E’ una frazione di secondo e ci viene incontro caricando la jeep, l’autista allarga le braccia e inizia ad urlare per spaventarlo, si ferma a 10 centimetri da me. Poi fa qualche passo indietro e si piazza di fronte all’auto, iniziando a barrire. Poi si ferma e aspetta immobile, un silenzio irreale per alcuni interminabili minuti. Si sente il rumore di altri mezzi che arrivano, e lentamente rientra nel folto della vegetazione. Abbiamo vissuto la nostra avventura esotica, con tanta, inevitabile paura.