Viaggiare, 20 marzo 2014
Viaggiare. Muoversi alla ricerca dello stacco dalla quotidianetà, dalle ruotine, nella multiforme interpretazione di questo atto che ognuno di noi può dare. Stili di vita che si incrociano in una moltitudine umana costantemente in movimento. Il luogo fisico del movimento è il pianeta. Il nostro pianeta, quella straordinaria arancia blu, secondo la definizione data dal fisico Enzo Tiezzi (1938-2010), in cui miracolosamente il “talismano verde” (la fotosintesi) produce la giusta percentuale di ossigeno che ci permette di respirare e vivere. Si, un arancia, dalla forma un po’ schiacciata ai poli, immersa nella profondità del blu, come è apparsa le prime volte all’uomo che viaggiava nello spazio: un’immagine suggestiva di un pianeta vivente, delicato, fragile e straordinario.
Solo qualche decennio fa vi erano ancora, nel nostro pianeta, luoghi poco conosciuti, nascosti e misteriosi, da scoprire e forse da conoscere intensamente; oggi, immersi in forme di contatto e in una percezione sempre più virtuale (nel senso di sempre più povera di contenuti) dei luoghi e delle persone, tutto è noto, tutto è vicino, tutto è facilmente raggiungibile. Ogni angolo del pianeta è stato scoperto e poi utilizzato per fini ricreativi, che tradotto vuol dire sfruttamento del territorio a fini turistici. Il turismo produce reddito, genera ricchezza, crea occupazione. I luoghi della natura si sono trasformati in prodotti da ecoturismo, un termine che offre occasioni di viaggi particolari, giustifica la fruizione di luoghi delicati e fragili. Ma è un alibi. Dietro, lo sfruttamento di ambienti naturali da visitare con religiosa attenzione, emerge non altro che il contatto superficiale e folcloristico con realtà antropiche che sarebbe meglio evitare.
Anche nei santuari della natura si può fare turismo, o meglio come va molto di moda oggi, ecoturismo, come in Antartide. Non incontriamo più viaggiatori, anche se qualche tour operator, spacciandosi come operatore di nicchia ecologica, propaganda i suoi viaggi per viaggiatori intelligenti. Li troviamo, nei porti, negli aeroporti, nelle stazioni, pendolari, uomini d’affari e turisti, tanti turisti. Il turista sceglie con cura, acquista un prodotto, lo consuma e poi torna alle solite occupazioni.
La rilevanza dell’ecoturismo all’interno del mercato del turismo è andata aumentando dagli anni ’80 a oggi. Oggi gli operatori e le agenzie di viaggio specializzati nel settore ecoturistico sono numerosi, in genere di piccole e medie dimensioni; in alcuni casi, i prodotti ecoturistici vengono venduti da ONG con finalità più ampie per esempio nel settore della solidarietà verso il Terzo Mondo. I grandi tour operator tradizionali stanno gradualmente ampliando la loro offerta proponendo pacchetti ecoturistici o naturalistici.
Ma non possiamo certo denigrare queste forme di uso del territorio, di fruizione delle bellezze naturali, del patrimonio storico e artistico. Oggi qualsiasi viaggio oggi è turismo, in una filiera di indotti che si intersecano, per cui abbiamo tanti tipi di turismo, culturale, benessere o wellness che fa più scena, enogastronomico. I termini si sono invertiti; qualche tempo c’era solo un modo di fare turismo, il viaggio, che era viaggiare per scoprire, crescere, arricchirsi dentro e sorprendersi.
La ricchezza oggi prodotta dal turismo muove cifre capogiro. Nel 2006 il giro d’affari a livello mondiale ha raggiunto i 733 miliardi di dollari, vale a dire 2 miliardi di dollari al giorno, la cifra del 2011 è 1030 miliardi di dollari, cioè 2,82 miliardi di dollari al giorno. Negli anni ‘50 si registravano circa 50 milioni di arrivi internazionali nel 2011 siamo giunti a 990 milioni.
Ma come mai tutto questo movimento? Perché viaggiamo? In ognuno di noi alberga una ancestrale voglia di viaggiare. E’ cambiata la modalità di fruizione dei luoghi del nostro pianeta (da viaggiatori a turisti) ma lo stimolo ancestrale resta. Vogliamo muoverci, vedere luoghi insoliti, esotici, distanti, altri. Anche se consciamente il turismo è evasione dalle routine, a livello inconscio, specie quando scegliamo destinazioni immerse nella natura, è perché ne abbiamo un estremo bisogno. Noi siamo fatti di natura e la natura fa bene.
Ma restiamo sul livello inconscio che ci fa scegliere la natura. Si, spesso la scegliamo, ma ormai siamo sempre meno abituati ad immergerci in essa. In concreto cosa succede? In concreto succedono altre cose. Scegliere una vacanza in crociera ai Caraibi non è scegliere la natura, andare in vacanza in Kenia in un villaggio turistico, magari con un bel safari, non è scegliere la natura. Nel villaggio magari ci siamo assicurati che servano gli stessi spaghetti che mangiamo a casa.Aihme! Sarebbe più appropriato parlare di egoturismo (termine coniato da Time, qualche anno fa in un reportage sul turismo), anziché di ecoturismo. Egoturismo per sfuggire alla quotidianità opprimente, premiandoci con una esperienza esotica di vacanza che soddisfi il nostro lato più edonistico
E quindi? La strada è in salita, perché i grandi numeri si fanno con il turismo, in senso lato. Con grande fatica, molti di noi si impegnano sul versante di un turismo alternativo. Il turismo responsabile, caratterizzato da una duplice preoccupazione per l’ambiente dei luoghi visitati e per il benessere delle popolazioni che vi abitano. Un turismo che sia sostenibile per i luoghi e per coloro che ci vivono. La definizione di turismo sostenibile e turismo responsabile coincide, possiamo solo aggiungere che “responsabile” ha un’accezione che qualifica un turismo di incontro in quanto dedica maggiore attenzione agli aspetti sociali e culturali dell’attività turistica, mentre “sostenibile” connota un turismo rivolto alla conservazione degli ecosistemi.
Torniamo con i piedi per terra. Dalla teoria alla pratica. Lasciamo le definizioni accademiche di turismo responsabile o di turismo sostenibile e ci chiediamo: è ancora possibile immaginarsi un viaggio che non sia solo esperienza turistica fine a se stessa?
Un turismo dolce, come ci raccontava Alexander Langer (fondatore del movimento verde, scomparso nel 1995). Una modalità di viaggiare ideale e utopica per molti. Una modalità che vada oltre i fenomeni di omologazione di massa che presupponga un cambiamento culturale, uno sviluppo delle capacità cognitive individuali dirette verso una nuova percezione dei luoghi, delle culture, dei popoli. Un turismo più contemplativo, più attento, più rispettoso, con un interesse e una attenzione per il genius loci, accompagnati dalla consapevolezza dei limiti che il nostro pianeta ogni giorni ci racconta.